Eric Schmidt

Anche Schmidt? Ragioni non solo sessuali della fine del chairman di Google

Le dimissioni del "segretario di stato" della Silicon Valley

New York. Eric Schmidt si dimette dal ruolo di chairman di Alphabet, la compagnia che controlla Google, e il riflesso emerge la domanda: “Quante ne ha molestate?”. Nell’èra definita dal sospetto sessuale sembra inconcepibile che un potente possa lasciare un incarico per ragioni che non siano legate al vasto prontuario dei comportamenti inappropriate, ma il comunicato con cui l’azienda ha annunciato il cambio imminente parla d’altro: dopo diciassette anni passati a trasformare un’idea di due studenti in un gigante globale e in un modello del mondo che verrà, ora il 62enne vuole le occuparsi di più di sviluppo tecnologico, smettendo i panni di amministratore della geopolitica googoliana, e intende dedicarsi anima e corpo all’attività filantropica. Poiché lo Zeitgeist è più forte di un comunicato stampa, sono riemerse vecchie storie di presunte fidanzate e amiche non meglio qualificate che erano nell’orbita di Schmidt. Con alcune si era presentato anche a certi eventi aziendali, sdoganando i pettegolezzi intorno alla relazione con la moglie, Wendy, con la quale è sposato da 37 anni, anche se da tempo fanno vite separate. “Non volevo essere un bagaglio al seguito di Eric”, ha dichiarato lei nel 2012. Una delle presenze femminili attorno al chairman in uscita, la specialista di pubbliche relazioni Marcy Simon, a un certo punto è stata anche assunta da Google, cosa che ha fatto storcere il naso a molti, anche nel board, in una compagnia che si picca di essere al di sopra di ogni possibile logica clientelare. A Mountain View assumono soltanto i migliori, che devono dimostrare, con i dati, di essere all’altezza del compito. Poi è venuta fuori la storia di un attico da 15 milioni di dollari a Manhattan, gioiello rigorosamente senza portineria che si è immediatamente trasformato, nell’immaginario googliano, nello scannatoio dove si consumavano gli affari extraconiugali. Qualcuno si domanda se nel clima di paranoia vigente, dove pure una donna è stata cacciata dal partito democratico per molestie, non basti questo, la fama di womanizer, a rendere un potente così sospetto da costringerlo alle dimissioni. Un po’ come se il libertinaggio fosse il necessario preludio all’abuso.

 

Schmidt rimarrà nel board e sarà un “consulente tecnico”, ma questo non scalfisce la struttura triangolare che guida l’azienda: accanto a Larry Page e Sergey Brin cresce ulteriormente il profilo di Sundar Pichai, ceo di Google. Ci sono altri elementi da considerare per spiegare l’uscita di quello che internamente veniva chiamato il “segretario di stato” di Google. Schmidt è noto per essere incappato in diverse gaffe negli anni è stato lui a rivelare involontariamente il motto “don’t do evil”, che Page voleva tenere segreto, e ora che tutti sanno che anche Google è capace di fare cose malvage, quella frase torna indietro come un boomerang), ma la querelle con un analista della New America Foundation, che dice di essere stato licenziato su ordine di Schmidt per aver criticato Google (che è il primo sponsor del centro studi) ha danneggiato la statura politica del chairman. Statura già peraltro ridimensionata dall’avvicendamento alla Casa Bianca. Schmidt ha forgiato e coltivato l’alleanza con il mondo democratico, culminata con l’aiuto fattivo alla campagna di Hillary Clinton, ma da quando Trump si è insediato a guadagnare autorevolezza all’interno di Google è stata Susan Molinari, suprema lobbista dell’azienda che ha il vantaggio di essere una ex politica repubblicana. Schmidt si è trovato per la prima volta in 17 anni in una posizione non del tutto agevole. Non solo. Il chairman in partenza è stato anche l’uomo che ha spiegato al mondo che il progresso tecnologico va a braccetto con la democrazia e i diritti, in solido con una pattuglia di opliti clintoniani ha promosso senza sosta l’idea che la connettività avrebbe promosso le rivoluzioni e fatto collassare i regimi. Un mondo più aperto e giusto sarebbe stato partorito dalla Silicon Valley, e lui era una specie di ambasciatore del futuro, un portavoce del mondo che verrà. Queste immagini sono ormai appannate nell’immaginario collettivo. Schmidt è una vittima duplice dello spirito del tempo.

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