L'esercito di Xi Jinping

Redazione

Siluramenti e riforma delle Forze armate. Così al Congresso il presidente rafforza la presa sui militari

Roma. La leadership cinese è fatta di uomini in divisa. Per questo quando il capo delle Forze armate viene silurato è un segnale potente del fatto che tutto il Partito si sta muovendo. La direzione è quella decisa dal segretario generale Xi Jinping, che intende usare il Congresso per rafforzare il suo controllo politico sull’esercito. Il generale silurato ad agosto è Fang Fenghui, e il fatto che sia stato accusato di corruzione – così dicono i media – indica che anche lui è finito nelle grande purga politica che ha interessato l’esercito in questi ultimi anni. La purga è iniziata con la rimozione per corruzione dei generali Guo Boxiong e Xu Caihou, i due più potenti ufficiali militari della vecchia amministrazione, ed è continuata con l’eliminazione dei contrari ai tentativi di riforma e accentramento del presidente. Al Congresso, oltre a Fang, non sarà presente nemmeno Zhang Yang, potente dirigente della Commissione militare centrale. Soprattutto, i rappresentanti militari al grande evento politico saranno quasi tutti delegati di nuova nomina, e tutti fedelissimi a Xi. Alla fine dei lavori, tutti gli analisti si attendono che la nuova composizione della Commissione militare centrale, l’organo fondamentale di guida delle Forze armate che Xi presiede, sarà allineata ai desiderata del presidente.

 

La volontà accentratrice di Xi è funzionale alla grande riforma dell’esercito. Xi sta trasformando un esercito di stile sovietico – mastodontico e statico – in una forza dinamica capace di vincere guerre. Ha annunciato nel 2015 che ridurrà gli effettivi delle forze di terra di 300 mila unità e sta sviluppando le forze marittima e aeronautica. Quest’anno la spesa militare cinese aumenterà del 7 per cento, come ha fatto sapere il governo di Pechino a marzo, per un budget totale di quasi 150 miliardi di dollari. Non un aumento considerevole, ma in realtà nessuno sa quanto Pechino investa davvero nella sua Difesa e nell’Esercito popolare di liberazione, visto che i parametri sono diversi da quelli occidentali e spesso alcune voci sono poco chiare.

 

L’esercito rinnovato deve essere la forza portante della nuova politica di assertività cinese all’estero. Sono finiti i tempi in cui la strategia era: nascondere le proprie capacità e aspettare il proprio tempo. La potenza di Pechino nel mar Cinese meridionale, per esempio – uno di quei fattori che riguarda poco la geopolitica e più la vita di tutti i giorni degli abitanti delle isole del Pacifico – viene rappresentata spesso dalle immagini delle installazioni militari costruite sulle isole artificiali cinesi intorno alle isole Spratly. Poi c’è la base militare in Gibuti, la prima permanente fuori dai confini cinesi, in piena attività da pochi mesi. Dove c’è un interesse strategico cinese, c’è un uomo in divisa.

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