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Leak, sanità pubblica e sanità mentale. E Trump si gode lo show

Paola Peduzzi

Dopo sette anni di tentativi repubblicani l'Obamacare resta legge. Scaramucci supera se stesso (e il presidente)

Milano. L’Obamacare resta una legge degli Stati Uniti, sette anni di battaglia politica guidata dai repubblicani per riformarlo, ribaltarlo, annullarlo sono stati vanificati per l’ennesima volta nella notte tra giovedì e venerdì. Donald Trump, presidente repubblicano, ha tentato in tutti i modi – convincendo, minacciando, infuriandosi, mai spiegando che cosa immagina lui per il Sistema sanitario statunitense – di unire il proprio partito (che ha la maggioranza al Congresso) attorno a uno dei pochi temi che avevano chance di creare compattezza, ma non ce l’ha fatta. Al Senato, con il voto decisivo di John McCain, ex candidato repubblicano alla Casa Bianca al quale la scorsa settimana è stato diagnosticato un tumore al cervello, e di due senatrici, Lisa Murkowski e Susan Collins, anche la versione più edulcorata possibile del celebre “repeal” (lo definiscono “skinny”, magro) è stata respinta. Non c’è un’alternativa di controriforma e questo era già chiaro, ma non c’è nemmeno un segnale concreto che testimoni la volontà di scalfire l’Obamacare. Si ricomincia da capo, anzi da un po’ più indietro – un “repeal” era stato votato due anni fa, e Obama mise il veto – perché nel frattempo si sommano fratture, rivalità, tentativi di riposizionarsi, sfiducia.

  

Ma questo smacco – che molti chiamano suicidio, e il termine non fa parte del linguaggio “colorito” in voga nell’Amministrazione – non è nemmeno la notizia più importante dell’“ultimo episodio”, come scrive il New York Post, della serie “White House Survivor”, nel quale “la West Wing è precipitata nel caos”. Nulla, nessun reality, nessuna serie tv, né quelle dalla credibilità minima né quelle di satira, nulla regge al confronto di ciò che accade nella Casa Bianca di Trump, tra faide brutali e colpi di scena. Quando, nell’ultima stagione di “House of Cards”, dopo ogni genere di ricatto, corruzione, ammazzamento, il presidente se ne esce dicendo “I’m the leak”, non si prova più nemmeno un sussulto, una sorpresa, niente. La realtà è molto meno banale, e se quella non fosse l’adorata America, lo spettacolo sarebbe invero sublime. L’assunzione come capo della comunicazione di Anthony “The Mooch” Scaramucci ha scatenato un regolamento di conti inevitabile, che si sta consumando con una folle rincorsa di leak e leaker, di indiscrezioni e talpe, al punto che oggi molti sono andati a controllare sul vocabolario il significato del termine “leak”, per provare a orientarsi nel caos. Come si sa, arrivato Scaramucci se n’è andato contestualmente Sean Spicer, portavoce della Casa Bianca, che si era opposto all’assunzione.

  

Come Spicer, anche il chief of staff Reince Priebus e il superconsigliere Steve Bannon sono rivali di Scaramucci, ed è contro di loro che si è riversato l’ultimo – “colorito”, questo sì, come dice lo stesso Scaramucci – attacco, avvenuto in una conversazione telefonica con il giornalista del New Yorker Ryan Lizza e anche in diretta tv, sulla Cnn (Lizza era ospite, Scaramucci ha telefonato in diretta). Il direttore della comunicazione vuole castigare le talpe, è disposto a licenziare uno per uno i dipendenti della Casa Bianca, anzi lo farà, per dare un esempio anche ai giornalisti: pensate di difendere le vostre fonti, e invece saranno tutte sacrificate. Il leaker-capo, secondo Scaramucci, è lo stesso Priebus, insultato più volte (“fottuto paranoide schizofrenico”), ma non ce n’è per nessuno, non ce n’è soprattutto per Bannon: io non sono come lui, “non cerco di farmi i pompini da solo”, ha detto Scaramucci (miglior commento: “Non possiamo ripetere quel che ha detto Scaramucci su Bannon, che se è vero, fa di Bannon un ginnasta”, ha detto Brian Williams, anchor della Msnbc). Il finale di quest’ultimo scontro ancora non è andato in onda, s’aspettano dimissioni e assestamenti e altre dimissioni, ma pare che il presidente non sia affatto agitato. Anzi, l’ha voluto lui, il regolamento di conti: secondo il sito Axios, Trump “adora le dichiarazioni” di Scaramucci. Ma anche The Mooch deve stare attento: il presidente ama i “mini-me”, le sue repliche, ma “mini è la parola chiave”, precisa Mike Allen: se sei più Trump di Trump a casa sua, “il gioco si fa pericoloso”. 

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi