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Goffaggini trumpiane a gogò, ma se le sottolinea Murdoch, un problema c'è

Paola Peduzzi

Nuove rivelazioni sulle relazioni russe del presidente americano. Piccoli segnali di una probabile crepa con il tycoon amico. Tra difese e dispetti

Milano. “L’Obamacare è ancora una legge dello stato americano”, ha titolato Drudge Report per sintetizzare come il Partito repubblicano abbia ucciso la propria proposta di revocare la riforma sanitaria obamiana, ultimo atto di una promessa (trumpiana e repubblicana) non mantenuta. “Leaving easy”, titolava ancora ieri mattina Drudge, l’aggregatore più trumpiano che ci sia, con una foto di Obama, e il link a un articolo del Los Angeles Times: “Trump voleva sradicare l’eredità di Obama. Per ora, ha fallito”. Tanto basta per far venire un dubbio, per far suonare una sirena d’allarme, subito esposta da Oliver Darcy, che si occupa di media per la Cnn, che dice: è difficile che il presidente americano perda il sostegno dei suoi media, di certo non saranno i cosiddetti media tradizionali a scalfirlo, perché parlano a un pubblico che comunque non è quello dei sostenitori di Trump. Ma se Drudge Report inizia a sottolineare il fallimento, a insistere sulle promesse non mantenute, allora un problema potrebbe esserci.

 

C’è ovviamente del wishful thinking in un reporter della Cnn che lavora per una rete televisiva considerata spazzatura dal presidente Trump, ma c’è una certa solerzia nel provare a identificare qualche crepa nelle alleanze trumpiane, unico punto di rottura vagamente preoccupante, anche se fallisce la controriforma sulla sanità, anche se al meeting controverso di Donald jr con i russi si aggiunge ogni giorno un ospite nuovo finora tenuto nascosto, anche se il presidente Trump ha infine ammesso di aver avuto un secondo incontro con Vladmir Putin al G20, oltre a quello ufficiale: si è alzato da tavola, durante la cena, e si è messo vicino al collega russo a chiacchierare, in mezzo a loro soltanto l’interprete del capo del Cremlino. Scandalo su scandalo, quanto siete in malafede inveisce Trump contro i giornalisti nemici, ma intanto la ricerca della crepa prosegue, ed è ovvio che Drudge non è il bottino più grande, la frattura davvero preoccupante sarebbe quella tra la Casa Bianca e il re dei media pro trumpiani, Rupert Murdoch.

 

Sul rapporto tra i due s’è scritto e speculato parecchio, ma ci sono alcuni episodi recenti che hanno fatto trillare altre sirene. Il New York Post, di proprietà di Murdoch, la settimana scorsa ha titolato su quell’“idiota” di Donald jr, “stupido in modo criminale”, e anche se pure alcuni trumpiani condividono la definizione, il padre non è stato contento. Il Wall Street Journal, sempre di proprietà di Murdoch e alle prese da mesi con una guerriglia interna su come trattare, raccontare, commentare Trump, ha pubblicato un editoriale sul rapporto complicato del presidente con la verità, prendendosela con la famiglia che prosegue con la sua strategia dell’opacità e sottolineando che questo, sulla credibilità già non solidissima, può avere effetti devastanti: è necessario cambiare l’approccio sull’inchiesta sulla Russia, dice il quotidiano, “e non c’è più molto tempo per farlo”. Dall’altra parte dell’oceano, in quel Regno Unito in cui Murdoch ancora insiste a fare il kingmaker e a vincere la sua battaglia legata a Sky, il Sun, tabloid-gioiello del gruppo, ha pubblicato le citazioni di una conversazione tra Trump e il premier britannico, Theresa May, in cui il presidente non esce benissimo (nemmeno la premier, a dire la verità, ma ormai per lei una copertura positiva è un lusso inaccessibile): verrò in visita ufficiale a Londra, dice Trump, soltanto se mi garantisci un “benvenuto caloroso”, finché non c’è la certezza di “un’accoglienza migliore”, non fisso la data.

 

Piccoli dettagli che si perdono di fronte a una Fox News, per dire, che sminuisce i fallimenti e insiste sulla copertura mediatica falsata della presidenza Trump. Ma se anche lì qualche voce dissonante inizia a sentirsi (c’è un minielenco stilato dagli esperti), allora forse una crepa c’è, chissà se profonda, chissà se definitiva, il wishful thinking è sempre in agguato.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi