Strade deserte e barricate in fiamme. Le immagini dello sciopero generale in Venezuela

Prosegue la battaglia delle opposizioni per far dimettere il presidente Maduro. Ma il governo non sembra disponibile a fare passi indietro e la tensione resta altissima 

Maurizio Stefanini

È iniziato giovedì mattina alle 6, le 11 italiane, il “Paro Civico Activo”, lo sciopero di 24 ore indetto dalla Tavola di Unità Democratica delle opposizioni (Mud) contro il presidente Maduro e la sua “Costituente incostituzionale”. Parte della “tabella di marcia” per l”Ora Zero” indetta dalla stessa Mud dopo la Consulta Popolare di domenica, è il primo sciopero generale in Venezuela dopo 14 anni. Una protesta che arriva dopo il referendum simbolico del 17 luglio organizzato dall'opposizione e che non solo ha fermato le attività ma anche bloccato le strade. I manifestanti anti-Maduro hanno infatti costruito barricate improvvisate cui, in alcuni casi, hanno poi dato fuoco. Secondo Bbc, milioni di venezuelani si sono uniti allo sciopero generale e negli scontri tra polizia e manifestanti almeno tre persone sono rimaste uccise: un decesso è stato segnalato alla periferia di Caracas, mentre altre due vittime si trovavano nella città settentrionale di Valencia. Più di 300 manifestanti sono stati arrestati. Mentre Maduro ha detto che lo sciopero è stato minimo, per l'opposizione l'85 per cento del paese avrebbe aderito alla protesta.
   

Fonti dell'opposizione ammettono però che probabilmente non è stato il giorno migliore per un'iniziativa di questo tipo. Oggi, infatti, era il giorno di pagamento delle pensioni, ed il governo aveva fatto circolare la voce che chi non si fosse presentato a riscuotere non avrebbe potuto più farlo. Negli ultimi giorni, d'altra parte, per cercare di rispondere agli oltre 7 milioni di elettori che domenica scorsa avevano partecipato al referendum non ufficiale indetto dalle opposizioni, il governo aveva già iniziato ad alzare il livello dello scontro. Con il presidente Maduro che, parlando di “minaccia di Trump”, convocava il Consiglio di Difesa della Nazione, mentre Adán Chávez, fratello maggiore di Hugo, durante un comizio per la Costituente aveva esortato a “prendere le armi e uccidere gli oppositori”. E se Eleazar Díaz Rangel, direttore del giornale chavista “Ultimas Noticias”, invitava a “chiudere mezzi di comunicazione, bloccare le reti sociali e arrestare i leader dell’opposizione”, il ministro degli Esteri Delcy Rodríguez commentava: “I venezuelani potranno pure morire di fame, ma il governo resterà in piedi”. 

Insomma la tensione resta altissima e non a caso giovedì mattina le pattuglie della Polizia Bolivariana hanno iniziato a attaccare le barricate a colpi di lacrimogeni già alle 6.30.

 

 

Secondo le prime informazioni, i negozi sono rimasti chiusi e i trasporti sono stati bloccati. Hanno invece funzionato i ministeri (i cui dipendenti sono evidentemente a rischio di licenziamento) e le banche, con lunghe file di anziani costretti a muoversi a piedi per poter raggiungere gli sportelli e riscuotere le pensioni. Tutto abbastanza normale, invece, nelle tradizionali roccaforti chaviste di Caracas come il quartiere 23 de Enero e Catia. Secondo fonti dell'opposizione ampia adesione allo sciopero ci sarebbe stata anche a Maracaibo, seconda città del paese, e negli stati di Miranda, Zulia, Aragua, Nueva Esparta, Trujillo, Anzoátegui, Lara, Mérida, Bolívar e Monagas. A Miranda la Guardia nazionale bolivariana è stata accolta dal lancio di oggetti mentre cercava di sfondare le porte di alcune abitazioni e un agente sarebbe rimasto ferito.

 

L'obiettivo della mobilitazione è costringere Maduro alle dimissioni e sostituirlo con un governo di unità nazionale il cui programma è stato annunciato mercoledì e il cui leader dovrà essere designato in elezioni primarie, non essere un militare e non essere ricandidabile. Nel frattempo, di Venezuela si è parlato al Senato di Washington, con una sessione in cui è stato ascoltato il segretario dell'Osa (l'Organizzazione degli stati americani) Luis Almagro. Ormai avversario dichiarato di Maduro, l'ex-ministro degli Esteri dell'Uruguay sotto la presidenza di Mujica, esponente del partito degli ex-guerruglieri, ha detto che il Venezuela in questo momento è il paese più corrotto del Continente, che i venezuelani hanno perso tra gli 8 e i 10 chili in un anno per la penuria di generi alimentari e che il tasso di mortalità infantile è oggi peggiore di quello della Siria.