Sciopero e governo di unità nazionale. Ecco “l'ora zero” del Venezuela

Maurizio Stefanini

L'opposizione a Maduro presenta la propria tabella di marcia dopo il referendum di domenica. Si va verso uno sdoppiamento dello Stato con due esecutivi e due corti costituzionali

Domenica il Consultazione Popolare indetta dall'opposizione venezuelana ha inviato un chiaro segnale al presidente Maduro. Il 98 per cento degli oltre 7 milioni di cittadini che si sono recati alle urne, hanno votato contro di lui e la sua Costituente, chiedendo alla Forze Armate di intervenire per ripristinare la legalità costituzionale. E ieri, forte di questa “investitura popolare”, la Tavola di Unità Democratica (Mud), il fronte delle opposizioni, ha annunciato il piano “Ora Zero”. Una dettagliata tabella di marcia che mira a colpire ulteriormente la già traballante presidenza Madura evitando il referendum indetto dal governo per il prossimo 30 luglio.

Si comincia oggi con l’Assemblea Nazionale che inizia la sessione per la nomina di nove magistrati titolari e 21 supplenti del Tribunale Supremo di Giustizia (Tsj). Domani sempre l’Assemblea Nazionale discuterà un patto per un governo di unità nazionale, e intanto “i cittadini torneranno ai punti sovrani in cui hanno votato per formare nuclei dell’Ora Zero per ottenere il ripristino dell’ordine costituzionale”. Giovedì inizierà invece uno sciopero civico di 24 ore che porterà fino ad un “blocco totale” del paese la prossima settimana. Venerdì si sapranno i nomi dei nuovi magistrati del Tsj.

 

In pratica, il Venezuela si sta dirigendo verso uno sdoppiamento dello Stato. Già il processo iniziato dal regime per destituire la Procuratrice Generale ribelle Luisa Ortega aveva portato alla coesistenza di due contrapposti viceprocuratori: Katherine Haringhton, che Maduro ha fatto nominare dal Tsj; e Rafael González, votato dall’Assemblea Nazionale d’accordo con Luisa Ortega.

 

Ma è con la Costituente del 30 luglio che Maduro, sperimentando un sistema elettorale alternativo a quello che l’ha visto perdere le politiche, vuole creare un nuovo parlamento che verrebbe insediato nella stessa sede dell’Assemblea Nazionale con il chiaro obiettivo di esautorarla. Proprio per prevenire questa mossa, l’Assemblea Nazionale ha convocato, domenica scorsa, la Consulta Popular. E, giunta a questo punto, intende proseguire lungo la strada tracciata dando vita ad un governo e a un Tsj alternativo. Insomma, entro la fine della settimana potrebbero esserci in Venezuela due governi e due corti costituzionali. Dovesse poi essere confermato il voto del 30 luglio ci saranno anche due parlamenti. 

 

Finirà che il Venezuela si ritroverà anche con due presidenti? Con la chiusura del 100 per cento degli atti scrutinati il totale dei voti espressi alla Consulta è salito dai 7.186.170 risultanti nei primi dati a 7.676.894. È un po’ meno rispetto ai 7.726.066 voti che la Mud aveva preso alle ultime politiche, contro i 5.622.844 del blocco chavista: ma bisogna tener conto del fatto che il processo è stato fatto in soli 15 giorni, e che si sono utilizzati solamente 2300 seggi elettorali, invece dei 14.000 abituali. Ma sono di più dei 7.505.338 voti con cui Maduro era stato eletto, contro i 7.270.403 del candidato della Mud Henrique Capriles. Se il processo di referendum revocatorio che l’opposizione ha iniziato non fosse stato sabotato, insomma, il presidente sarebbe stato obbligato alle dimissioni.

 

“È stato l’atto di disobbedienza civile più grande della Storia”, ha commentato il vicepresidente dell’Assemblea Nazionale Freddy Guevara. “Nella Storia universale si studiano la Marcia del Sale di Gandhi in India dove parteciparono milioni di indiani, si studia anche la storia dei negri negli Stati Uniti per l’eguaglianza, si studia anche il processo di disobbedienza civile che iniziò Nelson Mandela contro l’apartheid. A queste azioni parteciparono alcune centinaia di migliaia di persone, in qualche caso alcuni milioni. Ma questa è la prima volta che tante persone agiscono simultaneamente in un processo di disobbedienza civile”. Lo stesso governo non contesta i numeri. Gli esponenti maduristi si limitano a dire che si è trattato di un processo non costituzionale, e che si sono fatti votare “stranieri e minorenni”.

 

La Mud continua a dirsi pronta al dialogo, con la sola precondizione che il voto costituente venga annullato. Ma Maduro non cede e attacca anche i leader stranieri che, sempre più numerosi, gli stanno rivolgendo la stessa richiesta. Tra loro anche Rajoy e la Mogherini, oltre ovviamente a Trump. “Gli Stati Uniti non se ne staranno fermi mentre il Venezuela va a pezzi” ha detto il presidente statunitense. E sembrano passati anni luce da quando Maduro lo difendeva dagli attacchi della stampa e contribuiva con mezzo milione di dollari alla sua festa di insediamento. Addirittura, è stata dichiarata “persona non grata” l'ex-presidente messicano Vicente Fox: uno dei cinque ex-capi di Stato latino-americani che era venuto a seguire la Consulta come osservatore, assieme al colombiano Andrés Pastrana, al boliviano Jorge Quiroga e ai costaricani Laura Chinchilla e Miguel Ángel Rodríguez. A Fox è stato inflitto addirittura il divieto, in teoria perpetuo, a rientrare in Venezuela. Nel frattempo, il presidente colombiano e Nobel per la Pace Juan Manuel Santos è in visita a Cuba. È insistente la voce che sia andato a chiedere a Raúl Castro di convincere Maduro a essere ragionevole: magari, offrendo in cambio una parola buona con Trump.