La censura sulle foto di Nizza e la dittatura del politicamente corretto

Claudio Cerasa

Il caso Paris Match, per cui la procura di Parigi ha richiesto il ritiro immediato delle copie dalle edicole per avere pubblicato le foto della città la sera della strage

Al direttore - Oggi ovviamente non mi unirò alle celebrazioni della presa della Bastiglia, simbolo per eccellenza della Rivoluzione francese. E non lo farò perché oltre agli orrori partoriti dall’odio anticristiano e massonico che informò fin dall’inizio i moti rivoluzionari, sfociato tra le altre cose nell’inaudita decollazione di una regina sul cui corpo posero le loro orrende manacce gli adoratori della dèa ragione, la storia della rivoluzione francese è tuttora zeppa di miti e leggende. A partire, appunto, dalla presa della Bastiglia. Comunemente ritenuta un’orrida prigione zeppa di detenuti politici, come è stato ampiamente dimostrato da storici di assoluto valore (si veda ad esempio “I falsi miti della Rivoluzione francese” di Jean Dumont), il 14 luglio 1989 c’erano 7 (diconsi sette) detenuti, e nessuno di questi politico. Non solo. ma per ironia della sorte uno dei prigionieri era quell’anima pia del marchese de Sade, uno dei più accaniti oppositori della morale cattolica nonché tra gli intellettuali più influenti nella diffusione del verbo rivoluzionario. Sempre per la cronaca, quando i rivoltosi arrivarono sul posto, a difesa della Bastiglia trovarono un misero reparto composto di mercenari svizzeri e di invalidi, roba da far impallidire neanche uno spaventapasseri. Questo è solo un esempio. Ma ce ne sarebbero molti altri. Vogliamo parlare della Vandea, la regione cattolica che fin dall’inizio si oppose alla furia rivoluzionaria? Qui vennero letteralmente sterminate 117.000 persone e distrutte 10.000 abitazioni. Motivo? Il fatto che i vandeani “preferivano i preti alla Dea Ragione”, come scrisse lo storico Reynald Sacher. Non per nulla, signori quali Hitler, Pol Pot, Lenin, Ho Chi Min, ecc. si sono ispirati proprio al genocidio vandeano per compiere le loro gesta. Ma nei testi di storia di “genocidio” della Vandea non se ne parla neanche. Due esempi concreti di come la storia della Rivoluzione francese sia ancora tutta da riscrivere, possibilmente secondo verità e giustizia.

Luca Del Pozzo

 

Sul 14 luglio c’è un’altra cosa che mi colpisce. Paris Match, a un anno dall’attentato di Nizza, ieri è uscito in edicola con alcune fotografie particolari, prese dalle telecamere di videosorveglianza della città la sera della strage. La procura di Parigi, come forse qualcuno oggi racconterà, ha richiesto il ritiro immediato delle copie dalle edicole. Mi sembra una scelta incredibile che va in una direzione precisa e drammatica: i morti che la dittatura del politicamente corretto ci permette di vedere pubblicati su un giornale sono soltanto quelli che possono coccolare le nostre coscienze, non quelli che potrebbero svegliarle. I morti che la dittatura del politicamente corretto ci permette di pubblicare sono soltanto quelli, per capirci, che possono provocare una nostra azione umanitaria (ricordate il piccolo Aylan?) non quelli che per esempio possono provocare una nostra reazione contro le disumanità prodotte da una guerra di religione che in troppi si ostinano a non voler vedere – e che in troppi provano a ogni giorno a nascondere, come capita con le foto di Paris Match.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.