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Harvard censura i puritani in nome della “diversità”

Giulio Meotti

La più gloriosa università d’America fu fondata nel 1636 dai puritani, che ora sono cacciati come sciovinisti e razzisti

Roma. E’ l’università più antica e gloriosa d’America, che ha sfornato 75 premi Nobel e tutta la bella gente che conta, compreso Barack Obama. Dal 1636, in diverse forme, gli studenti di Harvard hanno omaggiato i puritani fondatori dell’università e della Massachusetts Bay Colony che la ospita. Ovvero coloro che, oltre ad epurare la chiesa, volevano epurare lo stato dall’autoritarismo del re e la società dal parassitismo aristocratico. Ma nel 2017, gli amministratori della perla della Ivy League hanno deciso che i puritani sono non soltanto antiquati, ma anche un tantino razzisti. Così hanno cambiato la formula recitata al conferimento della laurea. Per decenni, gli studenti di Harvard hanno cantato versi che li invitavano a essere araldi di luce e portatori d’amore “fino a che la stirpe di puritani non morirà”. Il problema, ha detto Stephen Burt, anglista a Harvard che aiuterà a giudicare la formula di riscrittura, è che qualcuno potrebbe leggere la linea finale come una forma di “complicità con il razzismo”. Harvard è l’ultima grande università che compie un repulisti politicamente corretto. A febbraio, il presidente di Yale ha annunciato che avrebbe cambiato il nome di un collegio residenziale intitolato a John C. Calhoun. Molti docenti di Harvard erano contrari a cambiare la formula di rito. Come Stephen Shoemaker, anglista: “Penso che la storia sia importante e che non debba essere trascurata. Questo non significa che ci definisca, ma dobbiamo sapere da dove veniamo”. Adesso si cerca una frase che faccia appello a tutti gli studenti “al di là della loro identità, religione o idee”. Via dunque i cristiani che fuggirono dall’Inghilterra per aiutare a fondare gli Stati Uniti d’America. Serve una formula innocua, multiculturale e, se possibile, genderista.

 

Neppure quattro mesi fa il preside di Harvard, Drew Gilpin Faust, aveva organizzato una grande conferenza per fare luce sui rapporti fra la schiavitù e Harvard: “Solo avvicinandoci alla storia potremo creare un mondo più giusto” aveva detto Faust. Il 23 maggio Harvard ha poi ospitato una cerimonia di laurea esclusivamente per studenti neri. Per riparare al passato razzista e schiavista. E qualche mese prima, la Harvard Law School aveva eliminato il suo stemma con i tre fasci di grano e la scritta “Veritas”, perché sarebbe stata inventato da uno schiavista. L’opposizione a questa ondata ideologicamente corretta è guidata da un grande docente e scienziato della politica, Harvey Mansfield, membro della facoltà dal 1962. “No, non sono molto ottimista circa il futuro dell’istruzione superiore, almeno nella forma che c’è ora con le università sotto il controllo di facoltà e amministratori politicamente corretti”, ha detto Mansfield nei giorni scorsi. Le università, continua Mansfield, sono diventate “bolle di liberalismo decadente”. Il risultato, ha scritto David Brooks sul New York Times, è che “molte persone, sopratutto nelle università, hanno perso fede nella narrativa della civiltà occidentale, hanno smesso di insegnarla e ora a molti studenti, ammesso che vi entrino in contatto del tutto, viene insegnato che la civiltà occidentale è una storia di oppressione”. Per cui, via quegli anticonformisti di puritani. Ora governano i nuovi moralisti puritani.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.