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L'Onu convoca 400 ong a Riad tra lusso e silenzio sui dissidenti frustati

Giulio Meotti

Il forum in Arabia Saudita rende chiaro livello di penetrazione dei regimi islamici nei consigli e nelle commissioni dei diritti umani dell’Onu. Dura la condanna delle ong più coraggiose e non asservite

Roma. Perché rinunciare a un lungo weekend all’hotel a cinque stelle Four Seasons di Riad, dove ti aspettano “bagni di marmo con profonde vasche di immersione”? E’ quello che devono aver pensato i 2.100 delegati di 400 organizzazioni non governative occidentali convogliate lo scorso weekend nel regno dell’islam per il forum mondiale “Youth and their social impact” organizzato dalle Nazioni Unite. Alle partecipanti del gentil sesso si chiedeva di “vestire pudicamente”, possibilmente indossando l’abaya, il lungo abito scuro che maschera le donne saudite. Agli uomini si chiedeva di non dare mai la mano sinistra, “è considerata maleducazione” nell’islam, e “mai porgere la mano alle donne”. L’evento è stato organizzato da una fondazione della famiglia regnante saudita e ha visto la partecipazione, fra gli altri, della segretaria generale dell’Unesco Irina Bokova, del fondatore di Wikipedia Jimmy Wales, del francese Jacques Attali e dell’executive di Bloomberg media, Justin B. Smith. Ovviamente perché la farsa funzionasse, tutte queste organizzazioni umanitarie dovevano ignorare che a pochi chilometri dal forum venivano perseguitati Abdullah al Attawi e Mohammed al Otaibi, “colpevoli” di aver fondato una organizzazione per i diritti umani. Le due star del giornalismo occidentale presenti, il capo di Wikipedia e il direttore di Bloomberg, dovevano da parte loro far finta che nelle carceri saudite non languisse un eroe della libertà di parola e di quella openness dell’informazione di cui Wikipedia si fregia di essere pioniera, Raif Badawi, blogger liberale preso a frustate dai regnanti sauditi. Guai a sollevare il caso di Waleed Abu al Khair, che sconta una condanna a quindici anni di carcere per alcuni commenti sui diritti umani. O del giornalista Alaa Brinji, condannato a cinque anni per aver criticato le autorità religiose e sostenuto i diritti delle donne. Un anno fa, i sauditi hanno messo dentro tutta la dirigenza della Saudi Civil and Political Rights Association per aver sostenuto le riforme pro democrazia. Di loro non si doveva parlare.

La condanna delle altre ong 

Dura la condanna delle ong più coraggiose e non asservite. “Purtroppo, l’Unesco non ha parlato da nessuna parte nel suo settimo Forum internazionale delle ong o sul sito della conferenza che l’Arabia Saudita vieta le ong indipendenti e arresta, incarcera e addirittura frusta gli attivisti per i diritti umani”, ha detto Hillel Neuer, direttore di UN Watch. Il forum dell’Unesco è stato patrocinato dalla ricca fondazione MiSK, una charity guidata da Mohammad bin Salman, il ministro saudita della Difesa che ha guidato il bombardamento dello Yemen che ha ucciso 10 mila civili e imposto il blocco navale alle forniture mediche, “con venti milioni di yemeniti che ora hanno bisogno di assistenza umanitaria e sette milioni di persone che hanno fame”. Secondo Neuer, “l’Onu ha mostrato disprezzo per gli eroici attivisti sauditi per i diritti umani arrestati, imprigionati o ingannati e ha dato un premio a un regime che vìola i diritti delle donne, insieme ai valori della democrazia, dell’uguaglianza e dello stato di diritto”. Dura anche Human Rights Watch, che ha parlato di uno “schiaffo” agli attivisti dei diritti umani in carcere.

 

Ma il forum di Riad dice anche di più. Ci dice del livello di penetrazione dei regimi islamici nei consigli e nelle commissioni dei diritti umani dell’Onu. L’Unesco, infatti, in sei mesi ha approvato due risoluzioni che hanno cancellato le radici ebraiche di Gerusalemme, mentre i sauditi sono anche riusciti a farsi eleggere alla commissione Onu per i Diritti delle donne. L’ipoteca dei regimi della mezzaluna all’Unesco si potrebbe presto palesare. Il favorito per succedere a Irina Bokova è un politico del Qatar, è saudita quello destinato a diventare il portavoce della conferenza dell’agenzia dell’Onu, mentre sarà iraniano il capo del suo executive board. La chiamano la “troika islamica”.

 

Anche a questo servono le notti esclusive all’hotel Four Seasons di Riad, il cui motto è: “You will love it”.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.