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Le ragioni del "goodbye" alla maggioranza repubblicana dopo il Trumpcare

Il passaggio della legge che smantella l'Obamacare rischia innescare un processo letale per i repubblicani alle elezioni di midterm, dicono i democratici. E lo sostiene anche uno studio dell’università di Denver

New York. Alcuni osservatori di tendenze progressiste hanno trovato di cattivo gusto i cori partiti in aula dai banchi dei democratici subito dopo il passaggio della riforma sanitaria di Trump. Cantavano “Na na na na, na na na na, hey hey hey, goodbye!” sull’aria degli Steam e facevano ciao con la mano per salutare i deputati avversari che, dicono, vincendo questa battaglia si sono condannati a perdere la poltrona nel 2018. Sarà anche una trollata da curva più che da emiciclo, ma i repubblicani sanno che quel “goodbye” non è campato per aria.

    

Nancy Pelosi, leader democratica alla Camera, ha sferzato in aula i repubblicani, che “porteranno molto a lungo le cicatrici” di questa decisione e finiranno per non avere nemmeno la riforma sanitaria che hanno votato, ché il Senato non approverà un testo simile. E’ già partita la gara dei senatori di destra a smarcarsi: Bob Corker dice che il testo ha “zero possibilità” di passare, Rob Portman è contrario, Linsdey Graham spiega che qualunque disegno di legge valutato così in fretta “va guardato con sospetto”. E’ il paradosso della vittoria di Trump. Giovedì, dopo il passaggio del Trumpcare alla Camera, ottenuto con un solo voto di scarto e una pattuglia di defezioni, è arrivato un camion pieno di birre a Capitol Hill, il presidente ha caricato tutti sui pullman per andare a festeggiare con lui, nel giardino della Casa Bianca non si smetteva di ridere, Trump ha fatto attendere il premier australiano a New York per celebrare la sua prima vittoria legislativa. Non una vittoria qualunque: lo smantellamento dell’Obamacare, sintesi di tutti i mali da centralismo statalista, è il bersaglio grosso della politica domestica repubblicana da sette anni. Quaranta giorni fa lo speaker della Camera, Paul Ryan, con la coda fra le gambe diceva “ci dovremo tenere l’Obamacare ancora a lungo”, ora gongola per questa ardimentosa inversione di marcia. Con lui esulta anche Reince Priebus, il capo dei gabinetto che triangolando con il vicepresidente Mike Pence ha trovato i voti necessari fra gli intransigenti arrabbiati e i centristi spaventati. Dopo la baldoria, però, arriva l’hangover. Il passaggio della legge rischia innescare un processo letale alle elezioni di midterm.

   

Uno studio del 2012 condotta da Seth Masket, dell’università di Denver, e altri ricercatori ha messo in evidenza che i democratici che avevano votato a favore dell’Obamacare hanno perso fra 6,6 e 7,6 punti percentuali alle elezioni successive. Poiché nelle tornate locali raramente i candidati di terzi partiti hanno un peso rilevante, si calcola che ogni voto perso è di fatto un voto guadagnato dagli avversari, quindi la cifra va raddoppiata. Se i repubblicani subiranno alle elezioni un effetto negativo dello stesso ordine di grandezza rischiano seriamente di perdere la maggioranza alla Camera. Ci sono 33 deputati che sono stati eletti con un margine inferiore al 14 per cento e 27 di questi hanno votato a favore di un testo che nessun rappresentante ha letto per intero e che l’ufficio budget del Congresso, organi bipartisan, non ha ancora avuto modo di valutare. La possibilità per gli stati di annullare il dispositivo che teneva fisso il prezzo del premio per chi stipula un’assicurazione con una pre-existing condition (significa che chi è già malato non può essere penalizzato) e la rimozione dei tetti sui costi che i pazienti possono sostenere di tasca propria non sono buone notizie per chi rappresenta distretti moderati e centristi. C’è poi il problema che non tutti i deputati sanno bene che cosa hanno votato. Chris Collins, rappresentante dello stato di New York, ha scoperto soltanto dopo il voto che nel suo stato 635 mila persone perderanno l’assicurazione che avevano. Il Gop rischia di aver innescato una reazione a catena.

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