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Il “golpe” di populisti e sindacati che mette in dubbio l'esistenza del Labour

Paola Peduzzi

Come il partito laburista sta cercando di restare in piedi, tra populismi, spaccature interne e accordi "golpe" con i sindacati. Ignorando che le difficoltà sono in corso ormai da più di un anno

Milano. La battaglia interna “per l’esistenza futura del Labour britannico” è stata annunciata ufficialmente ieri mattina da Tom Watson, numero due del partito. Ma non è in corso da più di un anno, questa battaglia? Sì: da quando Jeremy Corbyn è leader la guerriglia interna è permanente, ma questi nuovi capi laburisti hanno la mania di fissare la data di partenza delle loro reazioni con un certo ritardo rispetto al resto del paese, o del mondo: dopo che il Labour ha disinnescato ogni pulsione anti Brexit nel dibattito ai Comuni, Corbyn ha detto “la battaglia inizia ora”, tirandosi addosso ogni ironia possibile – e il 29 marzo il governo May attiverà l’articolo 50 che dà inizio al negoziato con l’Europa sulla Brexit, senza che il Labour abbia ancora fatto alcunché. L’impegno dei laburisti semmai è tutto destinato alla lotta interna.

 

Watson – che nasce già nella sinistra del Labour, non è certo un blairiano – è diventato il capofila dell’opposizione al cosiddetto “golpe” che il gruppo di attivisti corbyniani Momentum sta mettendo in piedi creando un’alleanza stretta con il sindacato Unite. Nel partito storico della sinistra inglese sta avvenendo un fenomeno peculiare: le forze cosiddette populiste danno l’assalto al vertice del partito, è come se Podemos fosse parte del Psoe in Spagna o Syriza fosse parte del Pasok in Grecia. Corbyn è il catalizzatore di questa dinamica, che lui gestisce con il suo piglio autoritario e impopolare: il Labour ormai è distaccato a tal punto dai Tory che c’è chi, tra i conservatori, sta montando una campagna per andare a elezioni anticipate e dare al governo May la legittimità elettorale che gli manca (il premier non ci pensa proprio). Anche in termini di leadership la soddisfazione nei confronti di Corbyn è bassissima. Ma questo non ferma i corbyniani, anzi, semmai li eccita.

 

Domenica l’Observer ha rivelato che, sulla base di una registrazione ottenuta dal settimanale, Jon Lansman, fondatore di Momentum, ha detto a un incontro avvenuto all’inizio di marzo che è assolutamente necessario che la sinistra sia meglio rappresentata all’interno del Labour. Per farlo, Lansman dice che bisogna considerare un’alleanza con Unite, il primo sindacato del Regno Unito, in modo che Momentum e Unite possano muoversi come un uomo solo e consolidare il corbyinismo all’interno del Labour.

 

“Ne abbiamo abbastanza – ha detto Watson in un’intervista alla radio della Bbc – Bisogna mettere fine a questa cosa. Siamo di fronte a una battaglia per l’esistenza futura del Labour, non s’è mai visto che il più grande sindacato organizzi una fazione politica all’interno del partito con la tacita approvazione della leadership”. Il più grande sindacato ora deve rinnovare la sua leadership, e questo è visto come il primo test per capire quanto e come il “golpe” interno è destinato a procedere. Dal 27 marzo al 19 aprile si terranno le votazioni: l’incumbent è il sempiterno Len McCluskey, che è citato dal fondatore di Momentum come il garante di un futuro patto. Lo sfidante è Gerard Coyne, il quale vuole meno rapporti con il Labour e che della liaison tra Momentum e Unite ha già detto: chi la smentisce è “un ipocrita” .

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi