François Fillon (foto LaPresse)

Fillon resiste e resta, ma deve convincere pure i suoi Républicains

Mauro Zanon

Il candidato dei Républicains si difende dalle accuse e continua la sua corsa per l'Eliseo

Parigi. “Nulla mi farà cambiare parere, sono candidato alle elezioni presidenziali, candidato per vincere”. Ieri, durante una conferenza stampa molto attesa, François Fillon, candidato dei Républicains all’Eliseo, si è difeso dagli attacchi giudiziari che da dieci giorni lo stanno destabilizzando e, pur riconoscendo di aver assunto sua moglie Penelope come assistente parlamentare e i suoi due figli come collaboratori, ha ribadito di non avere alcuna intenzione di abbandonare la corsa per l’Eliseo, perché “tutti i fatti evocati sono legali e trasparenti”. Assumere moglie e figli “è stato un errore, me ne rammarico profondamente e rivolgo le mie scuse ai francesi”, ha detto Fillon, ma la “violenza inaudita degli attacchi subiti” e il “linciaggio della stampa” contro di lui è “qualcosa di mai visto nella storia della Quinta Repubblica. “Non ho mai violato la legge”, “il compenso versato a mia moglie era perfettamente giustificato” e il suo lavoro “indispensabile”, ha aggiunto Fillon.

 

Il suo contrattacco, però, è sembrato più che altro un’“operazione di sopravvivenza”, come ha scritto il Monde nel pomeriggio. Dopo dieci giorni di tempesta mediatico-giudiziaria, e in vista di una settimana che si annuncia decisiva per il suo futuro politico, il candidato dei Républicains ha tentato attraverso un atto di contrizione di convincere i suoi elettori che è ancora lui l’unico presidenziabile in grado di portare i neogollisti all’Eliseo e che non devono volgere lo sguardo verso il Front national (domenica, Marion Maréchal-Le Pen ha lanciato un appello diretto agli elettori fillonisti, invitandoli ad aderire al “Plan M.”, ossia al piano di Marine Le Pen per il 2017). “Vado avanti. Una nuova campagna inizia questa sera, perché sono l’unico candidato che può garantire una ripresa nazionale”, ha dichiarato Fillon. Dopo aver annunciato la pubblicazione su internet della sua dichiarazione dei redditi e del dettaglio dei compensi ricevuti da Penelope, Fillon si è difeso anche dalle accuse riguardanti la sua società di consulenza, 2F. “Ho esercitato dal 2012 al 2016 questa attività in tutta legalità, ho dato conferenze in diversi paesi e offerto consigli a diverse imprese”, ma “nessuna impresa russa”, né tantomeno il “governo russo” sono stati suoi clienti, ha detto il candidato. Oltre agli elettori, Fillon dovrà anche persuadere i suoi colleghi di partito a puntare ancora su di lui. Una parte dei parlamentari Lr giudica la sua situazione insostenibile, e chiede il ritiro immediato della sua candidatura, per passare rapidamente a un piano B.

 

Ai dissapori interni ai Républicains si aggiungono i sondaggi che lo danno fuori dai giochi già dal primo turno, con Macron e la Le Pen qualificati al ballottaggio. Oggi Fillon si recherà a Troyes per incontrare il sindaco della città, François Baroin, ex ministro dell’Economia sotto Sarkozy, che figura tra i papabili per sostituirlo in caso di abdicazione definitiva. La cerchia fillonista spinge il suo candidato a condurre una campagna attiva, mostrando la sua determinazione ad andare fino a fondo. “Non deve farsi spazzare via come una pagliuzza”, ha detto il suo consigliere politico Eric Woerth, prima di aggiungere: “L’importante è andare oltre quello che sta accadendo parlando del suo progetto politico, e cominciare veramente la campagna. All’inizio, non sarà ascoltato, ma poco a poco emergerà”. Chissà. Sabato, Fillon ha fatto distribuire tre milioni di volantini per accreditare l’idea di un presunto complotto ai suoi danni. “Stop alla caccia all’uomo! Quando è troppo è troppo!”, si legge. Da ieri, però, secondo quanto rivelato da France Info, circolerebbe anche un appello firmato da più di una decina di deputati dei Républicains rivolto ad Alain Juppé, affinché cambi idea e sostituisca Fillon per difendere l’onore dei neogollisti. L’appello potrebbe essere pubblicato nelle prossime ore, e chissà se quel “no categorico” ripetuto ieri dal sindaco di Bordeaux si trasformerà in un “oui, je reviens”. Il ritorno del “migliore tra noi”, come lo aveva chiamato Jacques Chirac. 

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