Così è cambiata l'Europa in un anno di boicottaggi a Israele

Mauro Zanon

Scritte antisemite sulla scuola “Anne Frank” a Montreuil. Un paper che teorizza l’ostilità e le accuse di Israele al vertice di Parigi

Parigi. Le scritte “Juden Verboten”, vietato l’ingresso agli ebrei, e “sales juifs e roms”, sporchi ebrei e rom, accompagnate da stelle di David e svastiche. E’ quanto ritrovato domenica dagli agenti di polizia della città di Montreuil, alle porte di Parigi, sul muro della scuola elementare Anne Frank verso le ore 16. “Abiette scritte antisemite e razziste sui muri della scuola Anne Frank di Montreuil. Questo atto non resterà impunito”, ha reagito la ministra dell’Istruzione francese, Najat Vallaud-Belkacem. E’ l’ennesimo episodio di antisemitismo avvenuto in Europa nel 2016, costellato da una recrudescenza di atti vandalici ai danni di persone, luoghi e simboli ebraici, e da un inquietante cambio di atteggiamento nei confronti di Israele, dal punto di visto del linguaggio e della cultura, nel mondo accademico-intellettuale come nel mondo politico-istituzionale. Circola in questi giorni un paper dell’European Council on Foreign Relations che risale alla fine di ottobre ma che teorizza, e consiglia, “la politica della differenziazione”, cioè “una serie di misure prese dall’Ue e dai suoi membri per escludere entità legate agli insediamenti e attività da relazioni bilaterali con Israele”.

Un piccolo resoconto dei fatti di quest’anno, non esaustivo, descrive bene quel che è accaduto. E’ stato l’anno della kippah da nascondere “per non provocare”, a Marsiglia, in Francia, così come a Malmö, in Svezia, dove sui muri dei quartieri multiculturali si scrive “morte agli ebrei”; è stato l’anno in cui l’università di Southampton si è domandata se “Israele ha il diritto di esistere” e Jeremy Corbyn ha negato “problemi di antisemitismo” all’interno del Labour, pur difendendo l’antisemita ex sindaco di Londra Ken Livingstone; è stato l’anno del boicottaggio di Israele da parte dell’Ue, che ha imposto la marchiatura dei prodotti degli insediamenti israeliani, l’anno della campagna globale Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (Bds), che in Francia, nel comune di Bondy, Ivry-sur-Seine e Clermont-Ferrand, ha festeggiato il rifiuto, votato dalla giunta, dell’importazione di prodotti made in Israel; è stato l’anno in cui l’Unesco ha deciso che il Monte del Tempio e il Muro del Pianto non hanno nulla a che fare con l’ebraismo; è stato infine l’anno della risoluzione 2334 del Consiglio di sicurezza dell’Onu, che venerdì scorso ha condannato Israele per gli insediamenti in Cisgiordania.

Una delle reazioni più severe è arrivata ieri dal ministro della Difesa di Israele, Avigdor Liberman, che l’ha definita “terribile e inutile”, perché nuoce a “ogni possibilità di giungere al dialogo con l’altra parte”. Il capo della Difesa israeliano, in seguito, ha utilizzato parole ancora più dure a proposito della Conferenza internazionale sulla pace in medio oriente prevista per il prossimo 15 gennaio a Parigi. “Il nuovo processo Dreyfus organizzato dalla Francia non sarà una conferenza di pace ma un tribunale contro Israele destinato a nuocere all’immagine d’Israele”, ha attaccato Liberman. “E’ sufficiente analizzare il bilancio del voto della Francia all’Onu sulle questioni israelo-palestinesi per capire quale direzione prenderà la conferenza”, ha aggiunto. Il leader del partito Israel Beitenu, dopo aver manifestato la sua inquietudine per quella che ha definito come una “cospirazione” anti Israele e non una conferenza, ha ha fatto un appello per l’aliyah, il ritorno in Israele: “E’ arrivato il momento di dire agli ebrei francesi: la Francia non è il vostro paese, né la vostra terra, è tempo di partire (…) Se volete restare ebrei e che i vostri bambini e nipoti restino ebrei, abbandonate la Francia e venite in Israele”. Nel corso del 2015, secondo le cifre diramate dall’Agence Juive, organo incaricato di preparare le partenze verso Israele, quasi 8 mila ebrei francesi hanno preso un biglietto di sola andata verso Gerusalemme.

 

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