Cheng Wei (foto LaPresse)

Chi è “il conquistatore” cinese che ama Pechino più della Silicon Valley

Giulia Pompili

Cheng Wei è il businessman dell’anno in Asia secondo Forbes

Roma. Soltanto quattro anni fa era un ragazzino laureato in Scienze dell’amministrazione che lavorava in un colosso dell’ecommerce e scriveva su un blog chiamato “Con il vento”. Dopo aver fondato la sua startup è diventato miliardario, e oggi compare sulla copertina di Forbes come businessman dell’anno. “Il conquistatore”, l’hanno chiamato, ma non stiamo descrivendo la fulminante carriera di un giovane della Silicon Valley. Parliamo di Cheng Wei, la cui foto, completo blu e occhiali da nerd, campeggia sull’ultima copertina dell’edizione asiatica del celebre magazine economico. Cheng Wei, oggi trentatreenne, ne ha fatta di gavetta. Nato in una piccola città nella provincia del Jiangxi, nel sud-est della Cina, si è laureato alla Beijing University of Chemical Technology (la stessa di Zhou Xiaochuan, attuale governatore della Banca centrale cinese) e ha iniziato a lavorare da giovanissimo, come assistente del direttore di una catena di centri benessere specializzata in massaggi ai piedi. Dopo circa un anno, nel 2005 è stato assunto da Alibaba, nel settore commerciale, per poi essere trasferito come vicemanager nel settore dei pagamenti online, Alipay.

Nel 2012, poi, il grande salto nel settore dei trasporti e la fondazione di Didi Dache (poi chiamata Didi Chuxing dopo la fusione con una società rivale). Oggi Didi è la più grande azienda di trasporto automobilistico privato d’Asia, ha 300 milioni di utenti in 400 diverse città cinesi e, soprattutto, è l’unica che è riuscita a battere il disruptor mondiale Uber. Cheng Wei è l’anti Travis Kalanick, il cofondatore di Uber. Didi ha battuto il colosso americano nell’agosto scorso, quando Kalanick ha gettato la spugna e ha venduto il suo reparto cinese a Cheng Wei, con cui oggi “collabora fruttuosamente”. Ma per collaborare, Kalanick ha dovuto cedere lo scettro. Per questo Forbes chiama Cheng “il conquistatore”. Ma c’è di più: Cheng Wei è l’anti Kalanick perché rappresenta la nuova generazione di imprenditori asiatici che somigliano ai giovani startuppari occidentali, ma sono molto lontani dal desiderare il mito americano, anzi. In un articolo di qualche mese fa su Reuters, il ceo di Didi viene descritto come un “patriota”, la sua leadership “spietata, condita dal nazionalismo”: “Continuava a dire che le società cinesi online, su suolo cinese, non avevano mai perso contro società straniere. E Didi non doveva essere la prima a farlo”, scrive Reuters citando un anonimo ex dipendente. Il Wall Street Journal, che ha analizzato tempo fa i vecchi post di Cheng sul suo blog, fa notare come le sue letture, nel passato, siano sempre state focalizzate sui classici cinesi, e le sue frasi preferite spesso condite con espressioni marziali (“i generali si fanno sul campo, non nelle scuole militari”). Quando parliamo del secolo asiatico, parliamo anche di giovani come Cheng, e di quelli che trasformano l’economia ma hanno un progetto un po’ diverso dalla Silicon Valley. 

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.