(foto LaPresse)

Mosca vieta Linkedin. “Non vogliamo dati personali dei russi a spasso fuori dai confini nazionali”

Francesca Parodi

Il blocco del social network per chi cerca lavoro è il frutto di una legge del 2014

Il Cremlino impone il blocco su tutto il territorio nazionale russo di Linkedin, la più grande piattaforma legata al mondo del lavoro. Gli utenti russi del social network hanno ricevuto una mail dall’amministrazione della società con l’avviso che il 10 novembre le autorità di Mosca hanno bandito Linkedin a causa della violazione delle norme sui dati personali e la privacy. L’accesso è precluso soltanto all’interno del paese, ma l’account di ciascun utente rimane utilizzabile all’esterno dei confini.

 

 

La notizia ha scatenato proteste e il timore che la Russia stia avviando una campagna di censura simile a quella già praticata in Cina (dove non è possibile utilizzare social network occidentali, ma soltanto piattaforme strettamente nazionali). Qualche polemica arriva anche dagli imprenditori, che prevedono che questa restrizione avrà ricadute negative sulle attività economiche. Linkedin è una fonte molto utilizzata nel mondo dalle aziende per cercare e selezionare candidati.

Anche Washington è critica, o almeno lo è per ora, in scadenza di mandato obamiano: il portavoce dell’ambasciata americana in Russia, Mary Olson, dice che “questa decisione costituisce un precedente inquietante che potrebbe essere utilizzato per chiudere qualsiasi sito web contenente dati personali degli utenti russi”. E aggiunge che gli Stati Uniti esortano Mosca a “ripristinare immediatamente l’accesso a Linkedin”.

Non è il primo caso di censura di un social network da parte delle autorità russe, ma, come rileva Vittorio Maiorana, associato dello studio legale Pavia e Ansaldo che svolge la sua attività principalmente presso la sede di Mosca nell’ambito dei dipartimenti di diritto commerciale e societario e privacy, “Linkedin è il social più noto colpito finora” e per questo crea più preoccupazione rispetto ad altri casi precedenti. Maiorana spiega però che il divieto “non è frutto di una decisione politica imporvvisa, bensì di un preciso iter giuridico”. Il blocco di Linkedin è in linea con una “legge federale emanata nel 2014 che prevedeva l’obbligo, a partire dal settembre 2015, di trattare e registrare i dati personali dei cittadini russi in server collocati fisicamente sul territorio della Federazione russa, per una questione di tutela del cittadino e dei suoi dati personali”, spiega il legale. Questa norma è applicabile a tutti i soggetti, anche stranieri, che dispongano dei dati di cittadini russi. Per questo motivo, molti siti stranieri (tra cui anche italiani) che forniscono servizi di e-commerce, pubblicità e altro ancora sono stati costretti ad allestire server e data base in Russia. L’intenzione di Mosca è di trattenere tutti i dati dei cittadini all’interno dei confini.

Operatori come Google e Telegram si sono già rassegnati a fare importanti investimenti per continuare ad operare in Russia, ma Linkedin non aveva ancora provveduto, secondo le autorità, “all’adeguamento di conformità”. Nei giorni scorsi, la Corte cittadina di Mosca ha respinto l’appello del social network. Il garante per Internet russo, Dmitrij Marinichev, ha definito il procedimento “irragionevole”, ma comunque “corretto dal punto di vista giuridico”.

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