Il colpo all'umanitarismo che arriva dall'arresto di un jihadista nel casertano

Redazione

Mohamed Kamel Eddine Khemiri è stato arrestato ieri nel casertano per associazione con finalità di terrorismo ma è anche indagato dalla procura napoletana, insieme con sette complici, come capo di una banda dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e alla falsificazione di documenti.

Roma. Mohamed Kamel Eddine Khemiri è stato arrestato ieri nel casertano per associazione con finalità di terrorismo (secondo i carabinieri, “In teoria era pronto a colpire in Italia”) ma è anche indagato dalla procura napoletana, insieme con sette complici, come capo di una banda dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e alla falsificazione di documenti. La banda, secondo l’accusa, procurava contratti di lavoro e buste paga fittizi, con la collaborazione di aziende tessili, per far ottenere a immigrati clandestini permessi di soggiorno. Si tratta, se confermata, di una connessione tra il fenomeno dell’immigrazione clandestina e le infiltrazioni del terrorismo islamico, che ha potuto essere scoperta dopo varie indagini e anche qualche tentennamento giudiziario – visto che la richiesta di arresto del tunisino era stata bocciata due volte dal gip Alessandra Ferrigno. Mohamed Khemiri era il custode della moschea di San Marcellino, il cui imam, che domenica si era incontrato con il parroco locale nell’ambito dell’invito a pregare uniti contro il terrorismo, ha sostenuto che il ruolo di Khemiri nel luogo di culto era marginale.

 

Le indagini chiariranno se è proprio vero che nessuno sospettasse delle attività eversive e dei traffici di Khemiri, che aveva come soprannome Bin Laden. Non si tratta di un caso isolato di connessione tra  Isis e immigrazione. Pochi giorni fa il ministro della Giustizia Andrea Orlando aveva detto, nel corso di un incontro della commissione Schengen, che “dalle informazioni disponibili risulta in corso una serrata verifica investigativa sull’ipotesi che fiduciari dell’Isis svolgano ruoli cruciali di controllo e di indirizzo nella gestione dei flussi migratori verso l’Italia, provvedendo anche a dare direttive sui criteri di distribuzione territoriale dei migranti”. Anche le informazioni date dal Guardasigilli sull’orientamento estremistico di qualche centinaio di detenuti (spesso immigrati clandestini) che festeggiano le stragi aggiunge elementi a questo quadro preoccupante. Ora si tratta di superare la disputa ideologica che si era accesa su questo tema tra il governo e la Lega (che ha avuto ragione nell’analisi ma che ne trae conclusioni inaccettabili e soprattutto inapplicabili) per implementare una strategia volta a far saltare questo collegamento.

 

L’immigrazione storica e stanziale non ha in Italia gli stessi caratteri che ha assunto in altri paesi europei, soprattutto in Francia o in Belgio. Il fatto stesso che si susseguano espulsioni mostra che esiste la possibilità di intercettare le reti di comunicazione terroristiche, anche se naturalmente il fatto che si sia evitato finora l’esplodere di atti di terrorismo sul territorio nazionale non può garantire che questo non accadrà in futuro. Il sistema di identificazione e controllo degli immigrati, invece, resta a maglie troppo larghe, nelle quali si può infiltrare l’iniziativa dell’Isis. L’ispirazione umanitaria che spinge al salvataggio dei migranti in mare deve essere coniugata a una capacità severa e precisa di controllo a terra, se non si vuole che anche un sentimento lodevole diventi un vantaggio per gli stragisti.

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