Un monastero poco distante da Mosul (foto LaPresse)

La libertà religiosa nel mondo a rischio a causa dell'islam. Un rapporto

Matteo Matzuzzi
Un capitolo assai esteso riguarda la violenza contro i luoghi di culto, se non altro per cercare di “attirare l’attenzione su quanto fanno gruppi totalitari ed estremisti per sradicare comunità religiose in alcuni paesi”.

Strasburgo. Rileggere ora, dopo la strage islamista di Dacca, quel che c’è scritto sul corposo rapporto annuale sulla libertà di religione e di credo presentato pochi giorni fa al Parlamento europeo, rende meno sorprendente l’attacco al ristorante frequentato dalla comunità occidentale presente in quella che – a dire dell’unico sopravvissuto italiano – era la più tranquilla città d’oriente . “La crescita delle denominazioni politiche islamiste, come Jamaat e islami (il principale partito politico islamico in Bangladesh) e Hefazat e islam (un’associazione fondamentalista che si oppone alla concessione di pari diritti alle donne e all’istruzione secolare) e la loro alleanza con il Bangladesh nationalist party, hanno esacerbato le tensioni in un contesto socio-politico dove l’islam è già privilegiato in quanto religione di stato”, si sottolinea nel dossier. Il Bangladesh è solo un esempio. A scorrere le pagine si ha la conferma di quanto estesa sia la violazione di quello che Peter van Dalen, eurodeputato olandese e vicepresidente dell’intergruppo che ha steso il rapporto, definisce un “diritto fondamentale”. Le aree su cui si è concentrato il lavoro sono cinque: medio oriente e nord Africa, Africa subsahariana, Asia e Oceania, paesi europei non membri dell’Unione, Americhe. Un capitolo assai esteso riguarda la violenza contro i luoghi di culto, se non altro per cercare di “attirare l’attenzione su quanto fanno gruppi totalitari ed estremisti per sradicare comunità religiose in alcuni paesi”.

 

La situazione più drammatica ha a che fare con Siria e Iraq, ça va sans dire. In Siria e in Iraq si è ormai vicini alla “estinzione dei cristiani”, e a dirlo, più che singoli rapporti o studi ad hoc, sono i numeri e le stime effettive sul campo. La questione è comunque globale, spiega van Dalen: “In India, dal 2014, è cresciuto del 150 per cento il numero di incidenti legati in qualche modo alla fede, in Pakistan continua l’ingiustizia della condanna a morte di Asia Bibi per blasfemia”. Nelle pagine del documento “forniamo raccomandazioni su come l’Unione europea può agire per contribuire a individuare soluzioni a casi come questi. La libertà di religione o di credo deve trovare uno spazio più alto nell’agenda comunitaria”, aggiunge l’eurodeputato olandese. Il problema è proprio questo: a forza di parlare della Brexit e del destino politico di Jean-Claude Juncker, ci si è dimenticati perfino di segnalare le violazioni alla libertà religiosa nei paesi già posti sotto osservazione, dato il loro curriculum non proprio cristallino.

 

Gli esempi abbondano (qui il rapporto integrale). Si prenda la Nigeria, dove “in dodici stati settentrionali del paese le corti della sharia hanno il diritto di decidere sui casi penali (tecnicamente solo a condizione che accusatore e accusato concordino, in realtà ci sono stati casi dove i non musulmani sono stati costretti con la forza a presentarsi dinanzi a queste corti) che comportano pene quali bastonatura, amputazione e pena di morte tramite lapidazione”. In aggiunta, si legge ancora, i governi di Bauchi, Zamfara, Niger, Kaduna, Jigawa, Gombe e Kano hanno stabilito un gruppo di difesa della Sharia, l’Hisbah. Qui, le chiese e le terre sono requisite con poca o nessuna ricompensa e i non musulmani soffrono una discriminazione nell’accesso all’istruzione. Solo nell’ultimo anno, in Nigeria sono stati uccisi per ragioni di fede più di quattromila cristiani. Tra il novembre del 2014 e l’ottobre del 2015 sono state attaccate, danneggiate o distrutte 198 chiese. In Iraq, documenta l’intergruppo di Bruxelles, dal mezzo milione che erano nel 2013, i cristiani presenti nel paese ora ammonterebbero a non più di 260 mila. Parole dure anche in riferimento all’Iran, che pure alle latitudini occidentali è considerato partner affidabile per pacificare il vicino oriente: “La comunità cristiana in Iran affronta una sistematica persecuzione e repressione e a partire dal febbraio del 2015, circa novanta cristiani sono stati incarcerati, detenuti o si trovano in attesa di processo a causa delle loro attività o credenze religiose”.

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.