Agenti dell'Fbi davanti all'ingresso del Pulse nightclub (foto LaPresse)

Chiamare le cose con il proprio nome: la strage di Orlando è terrorismo islamico

Redazione

Chi nega la radice religiosa dell’attacco nel club gay americano che ha causato 50 vittime finisce per creare una confusione che rende più difficile identificare e combattere il nemico

La strage di Orlando ripropone, nel modo più orribile, l’esigenza di una analisi razionale ed efficace del terrorismo islamico, necessaria per orientare l’azione dei servizi di sicurezza e la reazione dell’opinione pubblica. Come scrive giustamente oggi il direttore della Stampa, Maurizio Molinari: “Riconoscere l’identità di un simile nemico è il primo passo da compiere per poterlo battere”. Chi nega la radice religiosa – ovviamente connessa a settori fondamentalisti e fanatici della religione islamica e non generalizzabili a un miliardo di maomettani – magari per timore che si innesti una specie di “caccia alle streghe”, finisce per creare una confusione che rende più difficile identificare e combattere il nemico. Anche la discussione che si era avviata per distinguere tra fondamentalismo islamico e pulsioni omofobiche è fuorviante. I due fenomeni sono connessi, così come il disprezzo per la vita e il sogno di un “martirio” che porta alla salvezza attraverso la violenza, l’assassinio e il suicidio hanno una radice evidente in una concezione paranoica ma predicata apertamente da settori dell’Islam della jihad.

 

Perché è così difficile riconoscere una verità evidente? Perché si diffondono in occidente tesi che confondono le acque risalendo a presunte problematiche sociali irrisolte o addirittura a antiche responsabilità del colonialismo? E’ un pregio delle società libere la critica della situazione esistente, la ricerca di errori da correggere per promuovere la giustizia, l’eguaglianza, il rispetto delle culture e delle civiltà diverse. Però in molti casi questo pregio si converte nel suo contrario, quando per autolesionismo culturale punta ad attribuire all’occidente tutte le responsabilità di ogni guaio.

 

A ben vedere anche questa è una forma di quello che una volta veniva deprecato come eurocentrismo, perché anche attribuendo all’occidente tutte le colpe si nega l’esistenza o il peso e l’autonomia di culture estranee. Proprio perché la civiltà islamica ha una sua storia e sue contraddizioni, che non si possono incasellare nelle categorie della storia occidentale, è necessario identificare al suo interno quei filoni che producono violenza, terrorismo, intolleranza e morte. Ma non si può aspettare che siano gli altri islamici a eliminare i settori terroristici. In occidente è necessario combatterli con l’energia e l’intelligenza necessarie, e per farlo bisogna riconoscerne i caratteri specifici e le radici culturali e religiose, invece di rifugiarsi nel limbo inerte del politicamente corretto.