Edifici devastati dalla guerra civile a Derna, in Libia (foto laPresse)

Così lo Stato islamico è arrivato a Derna

Daniele Raineri
Prima crea un gruppo di simpatizzanti locali, con un nome ambiguo come “Consiglio della gioventù dell’islam”, poi procede a passi progressivi: una dichiarazione in pubblico a favore dello Stato islamico, una punizione in piazza contro trafficanti di droga, prediche sempre più chiare, fino a svelare del tutto la sua appartenenza allo Stato islamico.

Tra l’aprile e il settembre del 2014 lo Stato islamico mette gli occhi sulla città di Derna, in Libia. Prima crea un gruppo di simpatizzanti locali, con un nome ambiguo come “Consiglio della gioventù dell’islam”, poi procede a passi progressivi: una dichiarazione in pubblico a favore dello Stato islamico, una punizione in piazza contro trafficanti di droga, prediche sempre più chiare, fino a svelare del tutto la sua appartenenza allo Stato islamico. Quando i tempi sono maturi, alla fine dell’estate 2014, il capo Abu Bakr al Baghdadi spedisce a Derna un gruppo di comandanti stranieri ad aprire una filiale in tutto e per tutto simile all’organizzazione in Siria e in Iraq. Lo Stato islamico applica spesso questo schema discreto quando colonizza un nuovo luogo. A Derna ha funzionato bene perché, anche se nell’intervista non se ne parla, i gruppi islamisti con tendenze estremiste sono molto forti fin dalla rivolta contro Gheddafi nel 2011.

 

I primi ad approdare in città come reduci dalla Siria sono i combattenti della Katiba al Battar, un battaglione di volontari libici andati a combattere in Siria e laggiù assorbiti dallo Stato islamico come truppa scelta: il loro motto è “siamo venuti per massacrarvi” e ci sono loro dietro ai due grandi attentati contro i vicili che hanno sconvolto la Tunisia l’anno scorso, al museo del Bardo e sulla spiaggia di Sousse. A dispetto di questa parentela islamista, però, a Derna ci sono stati ribellioni frequenti nei dieci mesi di potere dello Stato islamico: scontri, atti di insubordinazione, sabotaggi. A giugno, durante la rivolta, i cittadini non hanno catturato per un soffio il capo dello Stato islamico, l’iracheno Abu Mughirah al Qahtani, ma lo hanno costretto a rifugiarsi nelle campagne di Fatayeh, poco lontano. Proprio in una fattoria di Fatayeh che si chiama Bu Khafir, due caccia americani con informazioni precise –  arrivate grazie all’intelligence francese, dice il Monde – hanno ucciso al Qahtani poche ore dopo la fine degli attentati di Parigi del 13 novembre 2015. (dan.rai)

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  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)