Un migrante a Idomeni (Grecia) corre con una bandiera tedesca (foto LaPresse)

Merkel ottiene un pre-accordo sui migranti: la Turchia diventa lo snodo di reinsediamento

David Carretta
Nel vertice del 17 e 18 marzo verrà ratificato il piano della cancelliera tedesca. Il meccanismo è quello di “riammissione in cambio di reinsediamento”: tutti i migranti saranno convogliati in Anatolia e poi redistribuiti nell'Ue.

Bruxelles. Angela Merkel è riuscita ancora una volta a imporre la sua volontà al resto dell'Unione Europea, con il pre-accordo raggiunto nella notte al Vertice dei leader dei 28 con la Turchia per cercare di arginare i flussi di rifugiati che mettono in pericolo la tenuta politica dell'Europa. Confrontata a una ribellione dell'Austria e dei paesi dell'Est, in difficoltà in patria dove domenica si vota in tre Lander, la cancelliera tedesca sembrava sul punto di cedere a chi chiedeva di dichiarare “chiusa” la rotta dei Balcani e abbandonare la Grecia all'isolamento, salvo soccorrerla con un programma d'emergenza di aiuti umanitari. Dopo oltre 24 ore di negoziati – domenica con il premier turco Ahmet Davutoglu, e poi tutta la giornata di lunedì con i capi di Stato e di governo dell'Ue – Merkel ha ottenuto ciò che chiedeva da tempo: un programma di reinsediamento dei rifugiati siriani presenti nel territorio, in cambio della riammissione in Turchia di tutti i migranti illegali e degli stessi profughi siriani che sbarcheranno sulle isole greche. I dettagli devono essere finalizzati nei prossimi giorni, in vista di un nuovo Vertice il 17 e 18 marzo. Alcuni paesi – come Cipro o l'Est europeo – hanno ancora obiezioni. Il gran bargain ha un costo elevato per l'Ue: la Turchia dovrebbe ottenere un'accelerazione della liberalizzazione dei visti, altri 3 miliardi di euro di aiuti per i rifiugiati siriani, e l'apertura di nuovi capitoli nei negoziati di adesione. Davutoglu è tornato a Ankara con la promessa che l'Ue lavorerà “con la Turchia in iniziative comuni per migliorare le condizioni umanitarie dentro la Siria che permettano alla popolazione locale e ai rifugiati di vivere in aree che saranno più sicure”. Le safe zone in Siria, che la Turchia chiede da tempo e a cui Merkel ha acconsentito nelle ultime settimane, non sono più un tabù per gli europei. Nel frattempo, la richiesta di dichiarare “chiusa” la rotta dei Balcani – contro la volontà della cancelliera che insiste sul principio delle frontiere aperte – è stata cancellata dalla dichiarazione del Vertice.

 

Il meccanismo “riammissione in cambio di reinsediamento” è già criticato dall'Alto commissariato per i rifugiati dell'Onu e dalle Ong, perché sarebbe in violazione della convenzione di Ginevra. “La decisione è legale”, ha risposto il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker: la Turchia è considerata dalla Grecia un paese sicuro e i siriani possono chiedere asilo direttamente lì. Il piano Merkel di fatto equivale a un blocco terrestre (sulle isole greche) e navale (con la Nato che riporterà in Turchia i migranti soccorsi nelle acque territoriali della Grecia), ma apre anche le porte degli ingressi legali per i siriani. Le espulsioni e i respingimenti dalla Grecia alla Turchia dovrebbero indebolire il “fattore calamita”, spiega al Foglio una fonte europea: l'obiettivo è scoraggiare le partenze e colpire il traffico di esseri umani. Grazie al corridoio umanitario del reinsediamento, i profughi siriani non rischierebbero più la vita nel Mar Egeo o sulla rotta dei Balcani. Il problema semmai è la fattibilità: se i numeri dei siriani reinsediati in Europa non saranno sufficientemente alti, i migranti continueranno a cercare una strada – magari la rotta Adriatica o quella del Mediterraneo centrale che portano in Italia – per arrivare sul Vecchio Continente. Le divisioni tra i 28 non hanno permesso di annunciare un obiettivo numerico ambizioso per il reinsediamento. Ungheria e Slovenia hanno messo il veto. La dichiarazione finale prevede di usare i meccanismi esistenti: 22 mila reinsediamenti su base volontaria a cui potrebbero aggiungersi 54 mila posti previsti per i ricollocamenti dei richiedenti asilo interni all'Ue ma non utilizzati. Merkel sarà dunque costretta a continuare a lavorare con una coalizione di nove paesi “volenterosi”, pronti a andare a prendere i rifugiati siriani direttamente in Turchia.

 

La scommessa di Merkel potrebbe essere un “real game changer” (parola di Juncker), ma è anche rischiosa. Se l'accordo sarà confermato il 18 marzo, l'Ue si metterà nelle mani di un Sultano, Recep Tayyip Erdogan, che molti considerano imprevedibile e erratico. Zaman “è un caso giudiziario”, ha spiegato Davutoglu: “Sono per la libertà di stampa”. Per Merkel, “la libertà di stampa è importante”, ma “i negoziati con la Turchia sono necessari”. La realpolitik prevale: con la proliferazione dei controlli alle frontiere e la spaccatura politica sempre più profonda tra gli Stati membri, l'obiettivo è di “ritornare a Schengen” ed è “possibile solo con l'Agenda Ue-Turchia”, ha detto Merkel. “Se la sicurezza alle frontiere sarà garantita e se la Turchia rispetterà i suoi impegni in termini di riammissione, ci sarà un sistema completo che ci permetterà di tornare a Schengen”, ha detto il presidente francese, François Hollande. Per il momento ci sono ancora molti “se” prima di poter dichiarare conclusa la crisi dei rifugiati. Ma la cocciuta Merkel, che considera “un dannato dovere” trovare una soluzione europea, non ha ancora rinunciato.

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