Il primo ministro canadese Justin Trudeau (foto LaPresse)

“Perché non croce e kippà?

Oggi è la Giornata del velo in Canada. I dissidenti dell'Iran contro il multiculti

Giulio Meotti
Parla Assadollahi: “Khomeini mi sbatté in carcere perché non volevo il velo. Sono scioccata dal Canada che mi ha salvato”.

Roma. Si celebra oggi, nella City Hall della capitale canadese Ottawa, la Giornata del velo islamico. Lo slogan adottato dalla City for All Women Initiative è “camminando con le nostre sorelle musulmane”. Lo scopo principale di questo evento è quello di “incoraggiare le donne non musulmane a indossare il velo per comprendere la vita di una donna musulmana”. E’ il paradosso di un premier ultra liberal, Justin Trudeau, che, da quando è stato eletto, ha patrocinato il diritto delle donne canadesi a indossare l’hijab (il velo islamico) brandendo un secolarismo di stato per le altre religioni. Sulla stampa canadese, la dissidente iraniana Shabnam Assadollahi, che ha lavorato a lungo per aiutare migranti e rifugiati a integrarsi in Canada, ha condotto una campagna contro la Giornata del velo. Il sindaco di Ottawa, Jim Watson, le ha risposto che “l’iniziativa vuole rimuovere lo stigma attorno al velo”. “Avevo tredici anni quando Khomeini arrivò al potere in Iran e durante la notte tutte le donne, comprese le ragazze delle scuole elementari, furono costrette a coprire i loro corpi dalla testa ai piedi e fu ordinato loro di indossare soltanto colori scuri”, racconta Assadollahi al Foglio. “Non ci è stato più permesso di frequentare la scuola con i maschi. Sono stata derubata della mia adolescenza da un regime radicale e anche i dettagli più banali della nostra vita sono stati rigorosamente controllati dalle guardie rivoluzionarie di Khomeini e dalla polizia religiosa. Venni arrestata a sedici anni e portata in carcere a Evin (la famigerata prigione politica del regime, ndr). Ci rimasi un anno e mezzo. Giorno e notte, i corridoi della prigione erano costantemente riempiti dal suono delle urla e delle grida di altri esseri umani torturati durante gli interrogatori. Molti dei miei compagni di cella sono stati portati via davanti ai miei occhi”.

 

Per questo Assadollahi non si capacita di come il paese che le ha dato lo status di rifugiata politica, il Canada, oggi possa celebrare una Giornata del velo. “L’indignazione nasce dal fatto che questa giornata dell’hijab si svolgerà sotto gli auspici della città di Ottawa, capitale del Canada”, prosegue Assadollahi. “Equivale ad accettare un sistema giuridico completamente in contrasto con i valori democratici del Canada. Appoggiare l’hijab è il primo passo per una ideologia estremista che giustifica i delitti d’onore, la mutilazione genitale femminile e l’oppressione delle donne. I sostenitori dell’hijab mi hanno gettato in una prigione iraniana per diciotto mesi per aver protestato contro l’estremismo islamico”.

 

Assadollahi attacca l’ipocrisia del modello multiculturale canadese: “Una donna in Canada ha il diritto di indossare ciò che vuole, ma perché celebrare l’hijab e non il crocifisso o una kippà?”. Specie considerando, dice la dissidente iraniana, che proprio in Canada i “delitti d’onore” sono frequenti a causa di quel velo. “Aqsa Parvez, una ragazza pachistana di Toronto, è stata strangolata a morte dal padre. Il suo ‘crimine’ era che, come qualunque altra donna libera in Canada, aveva scelto di non indossare il velo. In un altro caso, l’afghano Mohammad Shafia, insieme alla moglie e al figlio, è stato giudicato colpevole per l’uccisione delle tre figlie e della seconda moglie che si erano rifiutate di indossare l’hijab, preferendogli abiti occidentali”. Per quel caso tragico, la rivista Maclean’s coniò l’espressione “onoricidio”, mentre la stampa liberal canadese cercò di classificare il caso come “violenza domestica”.

 

Trentasette anni fa, prima dell’imposizione in Iran della legge islamica della sharia, e prima che il regime di Khomeini esportasse l’islam politico nel mondo, l’occidente abbracciava il multiculturalismo. “Minando l’identità nazionale, causando un degrado della fiducia pubblica e qualsiasi critica al multiculturalismo ora viene etichettata come ‘razzismo’”, prosegue nell’intervista al Foglio la dissidente iraniana Shabnam Assadollahi.

 

[**Video_box_2**]“Il multiculturalismo ha fallito in occidente e incoraggiato i migranti a non integrarsi nelle società occidentali, concedendo loro la possibilità di vivere separatamente e seguire i propri ‘valori culturali’, che si scontrano con i valori occidentali, come la parità tra uomini e donne, i diritti umani e la legalità. Secondo la legge islamica, le donne che commettono ‘adulterio’ devono affrontare la morte per lapidazione, decapitazione o impiccagione. In alcuni paesi, l’omosessualità è un crimine punibile con la morte. Sono questi i ‘valori culturali’ moralmente equivalenti ai valori occidentali? Nei paesi islamici si limita l’uguaglianza delle donne, come ad esempio i divieti di guida, l’occupazione e l’istruzione. E’ questo il ‘valore culturale’ moralmente equivalente ai valori occidentali? La mutilazione genitale femminile è praticata in quasi trenta paesi africani e del medio oriente: è un ‘valore culturale’ moralmente equivalente? L’occidente deve stare dalla parte di coloro il cui sangue grida giustizia dalle tombe, le donne e le ragazze torturate, violentate, uccise. Mandiamo un messaggio chiaro ai regimi repressivi, come la Repubblica islamica dell’Iran”.

 

Si sente tradita da Trudeau? “Sì. Nelle Costituzioni occidentali c’è il diritto naturale concesso dal Creatore all’individuo. Da qui il desiderio di preservare la libertà di pensiero, di parola, di religione, la legge razionale e la governance nelle nostre strade, quartieri, città, stati. L’esercizio della nostra coscienza individuale deve essere preservato. Allora, e solo allora, potremo non sentirci tradite”.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.