Il candidato per la leadership del partito repubblicano Marco Rubio (foto LaPresse)

Il Lazzaro dei repubblicani

Il terzo posto di Marco Rubio può essere la resurrezione del partito. Perché i repubblicani ora hanno un “comeback kid” per rimettersi in carreggiata. Al quartier generale del candidato sono convinti che esista un popolo repubblicano senza velleità distruttrici sparso in tutti gli stati e disposto a votare per lui.

New York. Si capisce: un terzo posto molto onorevole non fa automaticamente di Marco Rubio un “comeback kid” che in New Hampshire la settimana prossima andrà a staccare il biglietto per la convention, ma nell’elettrocardiogramma piatto del partito repubblicano anche un solo battito può fare la differenza. Se durante l’ispirato discorso per la “sconfitta” di Rubio c’era un clima da figliol prodigo ritornato alla casa del padre, con vitello grasso e anello al dito, è perché la performance sa di preludio o avvisaglia di qualcosa d’altro, un ritorno in carreggiata della politica dopo tanto ululare sconclusionato dell’establishment dell’antiestablishment. I fratelli maggiori un po’ ottusi non la prenderanno bene, ma pazienza. Il bulimico Trump ha passato addirittura quindici ore senza twittare, quando l’ha fatto ha accusato i media di “non aver riportato in modo equo il mio grande finale”, e ha spacciato il disastro per una segreta vittoria.

 

Un consigliere di Rubio già qualche settimana fa parlando con il Foglio s’ostinava: “Arriviamo terzi in Iowa, secondi in New Hampshire e primi in South Carolina, così costruiamo la nomination”. E Trump? “Un fake, si sgonfierà, vedrai”. Cruz? “Un estremista, le gente non è stupida, vedrai”. C’era un qualche fondo di verità nello spin. Il comportamento degli elettori dalle parti di Des Moines non è mai facile da dedurre, come dimostra il disastro del sondaggista collettivo e dei suoi sofisticati algoritmi, ma una tendenza nota è che in Iowa non pensano troppo all’eleggibilità, la tradizione di turarsi il naso in nome del voto utile è impalpabile. Rubio invece è andato a pescare proprio nel bacino fin qui ignoto (o sottovalutato) di quelli che hanno deciso chi votare soltanto il giorno prima dei caucus e contemporaneamente giudicano l’eleggibilità un fattore importante. Non sono gli attivisti hardcore che già da mesi avevano deciso di abbracciare le promesse di grandezza di Trump o l’apocalisse di Cruz. Si è mobilitato, nel suo piccolo, un elettore dell’Iowa di cui non si conosceva l’esistenza.

 

[**Video_box_2**]Al quartier generale di Rubio sono convinti che questo popolo repubblicano senza velleità distruttrici sia sparso in tutti gli stati. Non usano l’espressione “maggioranza silenziosa”, ma il  concetto è quello, convinti come sono che Cruz si sia affermato in Iowa soltanto per la circoscritta superiorità del suo “ground game” fatto di stivali, sermoni e big data. Alla vista della serata di Rubio Jon Favreau, ex speechwriter di Obama e stratega democratico, ha subito ricordato le similitudini fra il candidato e il presidente in carica sull’immigrazione, segnalazione che tradisce l’apprensione per l’inaspettata risalita del candidato presentabile, quando tutti a sinistra fanno il tifo per i figli degeneri e mostrificati del conservatorismo. La resurrezione di Rubio offre al Partito repubblicano e alle sue famose élite imbalsamate l’ipotesi di consolidare un fronte. Jeb Bush ieri ha detto che il “New Hampshire ha la tendenza ad azzerare la corsa”, ma la verità statistica emersa dall’Iowa sulla sua candidatura è impietosa: non è arrivato al 3 per cento dei consensi e ogni singolo voto gli è costato 2.800 dollari, un prezzo diciotto volte più alto di quello pagato da Cruz, che non si è certo tirato indietro. Bush ha le urne vuote ma le casse dei suoi gruppi satellite sono piene di fondi accumulati in quel tempo lontano in cui il prescelto dell’establishment sembrava lui. Chris Christie ha consensi paragonabili e buone connessioni ma casse vuote, mentre John Kasich potrebbe essere un alleato credibile. Christie a parte, gli altri hanno una decina di punti percentuali a testa nei sondaggi del New Hampshire, per quel che valgono.

 

Ora l’unico all’orizzonte che ha il profilo del leader di partito è il suo ex pupillo della Florida, poi diventato ostile come può capitare ai precoci coltivatori di ambizioni che fanno le scarpe ai loro protettori. Nulla di irreparabile, s’intende. Quello che sembrava irreparabile era lo stato del Partito repubblicano, che ieri mattina si è svegliato in New Hampshire con l’hangover permanente che si trascina da qualche anno, ma almeno s’è svegliato.

 

 

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