Il presidente americano Barack Obama (foto LaPresse)

Minority Report

La contradditoria libertà di Obama

Giovanni Maddalena
Il presidente americano sul New York Times attacca chi non vuole il gun control. Ma così facendo rimette in discussione l’idea stessa di libertà che caratterizza l’America e persino la sua Amministrazione. E’ il solito gioco di chi proclama dialogo e relatività dei valori (dai matrimoni gay all’eutanasia) ma accetta soltanto chi la pensa come lui.

Obama giornalista, sul New York Times, per proclamare la crociata contro il possesso privato delle armi negli Stati Uniti. Dopo le lacrime, gli articoli. Argomenti di Mr. President: è ora di restringere il possesso delle armi perché ci sono troppi morti dovute a esse; occorre farlo perché siamo tutti d’accordo secondo i sondaggi e perché noi americani amiamo la sicurezza; ci sono solo pochi lobbisti cattivi che bloccano il tutto influendo sul Congresso; ma come su tutte le altre questioni di principio come le battaglie sul voto alle donne, i diritti dei neri, i diritti LGTB, alla lunga vinceremo; per vincere bisogna votare un presidente democrat anche al prossimo giro.

 

Purtroppo Obama giornalista è peggio di Obama presidente, il quale è molto peggio di Obama candidato presidente. Lo dico per la sola analisi del testo, trovando Mr. President personalmente simpatico – nonostante gli errori infiniti in politica estera che dovrebbero far pensare anche per le prossime elezioni – e condividendo il fine dell’abolizione del possesso privato delle armi negli Stati Uniti, che amo. Solo che gli argomenti mettono in luce la solita debolezza logica e, peggio, culturale, delle nostre leadership occidentali.

 

Ma andiamo per ordine. Che ci siano troppi morti per le armi è chiaro: le armi uccidono. Che sia il possesso a determinare queste morti è molto più discutibile perché dipende da come si usano le armi. Il presidente lo sa e per questo infila il suo argomento forte: bisogna bandire o restringere fortemente il possesso delle armi perché siamo tutti d’accordo. Si tratta di un ovvio errore di ragionamento (ad populum): qualcosa è vero o falso perché lo dicono tutti. Il NYT correda l’articolo con link al sondaggio. Peccato che il sondaggio sia molto più complesso e non dica affatto questo. Se si gira un po’, si scopre che quasi la metà degli americani non pensa che si debba cambiare su questo punto. Inoltre, Obama fa appello all’amore per utensili di casa e medicine sicure: visto che vogliamo tutto sicuro, possibile che accettiamo poi di avere le armi?

 

La risposta è così ovvia che solo un lobbista cattivo cattivo può pensare il contrario. Ma il lobbista cattivo, purtroppo per Obama, è nella testa di ciascun americano, o almeno del quasi 50 per cento contrario alle sue riforme. C’è una questione culturale profonda, che il tono saccente e universalista non fa che accentuare. Ci sono molti motivi per avere le armi, alcune delle quali legate alla storia americana e alla responsabilità comunitaria (non sono un banale “privato” cittadino perché non sono “privato” delle armi, che in caso contrario possiederebbe solo lo Stato). Molti di più, invece, partono proprio dalle considerazioni di Obama sui diritti, che portano logicamente fino alle estreme conseguenze, e sono questi che a mio avviso mettono in luce il paradosso di Obama. Il diritto individuale alla difesa – dicono – è parte delle mie personali scelte su cui lo Stato non deve interferire così come lo Stato non può obbligarmi a sottoscrivere un’assicurazione sulla salute, se io invece voglio spendere quei soldi per un televisore al plasma. E’ una mentalità libertaria molto diffusa negli Stati Uniti e che difende allo stesso tempo anche la pena di morte, i matrimoni omosessuali, l’eutanasia, la libera vendita delle droghe leggere, il respingimento dei migranti. È la libertà di scelta individuale, totalmente autonoma, che qui viene esaltata, come in nessuna parte del mondo. Ed è quella sulla quale, in tanti altri casi, fa leva lo stesso Obama.

 

Il presidente dovrebbe sapere che la questione delle armi implica un ripensamento della concezione della libertà. Se si accetta che la libertà di scelta sia vincolata al bene o al male per la società di ciò che si sceglie, si dovrebbero rimettere in discussione molte scelte della sua amministrazione: è stato un bene o un male appoggiare le primavere arabe e i ribelli siriani? E’ un bene o un male per la società equiparare a tutti i livelli tutti i tipi di rapporto affettivo? E’ un bene o un male poter comprare la marijuana nei negozi?

 

[**Video_box_2**]Messi in questa luce, i problemi sono un po’ più complessi. L’antica questione della libertà come pura scelta o come legame con il bene riemerge in tutta la sua tensione contemporanea. Obama fa finta di non vederla, respingendo ogni comprensione della parte avversa, stigmatizzandola moralmente (se non sei d’accordo con lui allora sei un cattivo lobbista) e ridicolizzandola cognitivamente (sarai mica così stupido da non essere d’accordo?), trasformando l’articolo in uno slogan.

 

Sfortunatamente, è l’atteggiamento di tutte le élite occidentali che, proclamando il dialogo e la relatività dei valori, accettano soltanto chi è perfettamente d’accordo con loro. Ma è un atteggiamento molto pericoloso: Grillo, Le Pen, Trump dimostrano che la gente, a furia di essere incompresa e vilipesa, inizia a preferire quelli politicamente scorretti, pur di poter essere un po’ più se stessi.

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