Il presidente americano Barack Obama riceve il premio Nobel per la Pace

Imbarazzi da Nobel

Maurizio Stefanini
Barack Obama? “Non meritava il premio Nobel per la Pace”. Yasser Arafat? “Guardava i cartoni animati di Tom e Jerry". E il luterano di ferro che non volle mai premiare Giovanni Paolo II. L'ex direttore della commissione per il Nobel svela i segreti del premio in un libro appena uscito

Barack Obama? “Non meritava il premio”. Yasser Arafat? “Quando andai a prenderlo in hotel lo trovai che stava guardando in tv un cartone animato di Tom e Jerry. Non volle venire fino a quando non fu finito”. L’attivista keniota per l’ambiente Wangari Muta Maathai? “Nel 2004 si decise che bisognava dare il Nobel per la Pace a una donna che fosse anche africana e musulmana. Lei era l’unica a possedere i tre requisiti”. Questi e altri altarini vengono fuori da un libro appena pubblicato in Norvegia. L’autore, Geir Lundestad, è uno storico norvegese, classe 1935, membro dell’Accademia Norvegese di Scienze e Lettere e docente a contratto di Storia internazionale presso l’Università di Oslo, che tra 1990 e 2014 è stato direttore del Comitato Norvegese per il Nobel. E’ l’entità i cui cinque membri sono scelti dal Parlamento di Oslo, e che ogni anno assegna il premio Nobel per la Pace. Di quello del 2015 si saprà il nome venerdì prossimo.

 

“Fredens sekretær” è il titolo del libro: “Segretario di Pace”. E molte delle cose che ha raccontato sembrano in effetti confermare le accuse che spesso vengono fatte al Comitato di Oslo: anche se dal Comitato stesso come risposta viene un duro attacco a Lunderstad, per aver violato quell’obbligo di discrezione cui avrebbe dovuto attenersi quando accettò l’incarico. Ma l’idea che viene dal libro e dalle interviste che ha rilasciato è che il “Segretario di Pace” abbia continuato a ingoiare rospi per un quarto di secolo, fino a quando non ne ha potuto più, e ha tirato fuori tutto il dossier. In qualche caso, il “sassolino nella scarpa” riguarda i Premi che, come nel caso dell’ecologista keniota Maathai, sono stati assegnati per mera logica di alternanza geopolitica. Secondo lui, anche quello del 2011 a Ellen Johnson Sirleaf, Leymah Gbowee e Tawakkol Karman apparterrebbe a questo genere. Più spesso, il problema ha riguardato altri personaggi che secondo lui erano meritevoli, e che invece si sono trovati la via sbarrata per colpa di antipatie spesso non motivate da ragioni politiche vere e proprie, ma da idiosincrasie personali. Un veto del genere, ad esempio, avrebbe colpito Václav Havel, leader della Rivoluzione di velluto e presidente della Cecoslovacchia dal 1989 al 1992.

 

Un altro problema è stato quello delle interferenze della politica norvegese. Tra i nomi fatti in tal senso c’è ad esempio quello di Gunnar Stålsett: membro del Comitato dal 1985 al 1990, e poi di nuovo dal 1994 al 2002. Teologo e politico al tempo stesso, è stato un leader politico norvegese, vescovo luterano di Oslo e segretario della Federazione Luterana Mondiale. Sarebbe stato questo protestante tutto di un pezzo a opporsi sistematicamente alla possibilità che venisse insignito del Nobel per la Pace Papa Giovanni Paolo II.

 

Ha cercato di interferire con il premio anche Jonas Gahr Støre, oggi leader del Partito Laburista e dell’opposizione, ministro degli Esteri tra 2005 e 2012. Nel 2010 cercò in tutti i modi di impedire che venisse premiato il dissidente cinese Liu Xiaobo, prevedendo le ire di Pechino. Non ci riuscì: e la Repubblica Popolare Cinese si infuriò a tal punto che per boicottare Oslo inventò addirittura un premio alternativo, minacciando poi di rappresaglie economiche quei paesi che si fossero azzardati a mandare i loro ambasciatori alla cerimonia di Oslo. “In 25 anni non ricordo nulla del genere”, dice  Lundestad di quello scontro.

 

Già fellow a Harvard e al Woodrow Wilson Center di Washington e specialista in storia degli Stati Uniti, Lundestad confessa di avere sostenuto la premiazione di Barack Obama nel 2009, ma di essersene. Ricorda però che lo stesso Obama era piuttosto indeciso se accettare o no il riconoscimento, e ora non ha dubbi a considerare quella scelta un grave errore. “Anche molti dei sostenitori di Obama oggi la pensano così”, ha scritto. “Il Comitato non ha ottenuto quel che aveva sperato di ottenere”.

 

[**Video_box_2**]Un’altra scelta molto contestata fu quella di dare nel 2012 il premio all’Unione Europea. Sembra che abbia influito in particolare l’insistenza di Thorbjorn Jagland, presidente del Comitato dal 2009 al 2015 dopo essere stato leader laburista e primo ministro, ministro degli Esteri e presidente del Parlamento norvegese. Europeista arrabbiato, gestì la presidenza del Comitato in contemporanea con la segreteria del Consiglio d’Europa, che detiene tuttora. Ed è opinione corrente che abbia voluto insignire l’Ue apposta per rialzarne l’immagine presso i norvegesi prima di tentare per la terza volta di far entrare la Norvegia nell’Unione, dopo le due volte in cui gli accordi già accettati dal governo furono bocciati per referendum popolare, nel 1972 e nel 1994. Secondo Lundestad, un ex primo ministro non avrebbe mai dovuto essere alla testa di un organismo che come il Comitato per il Nobel dovrebbe avere nel proprio dna l’assoluta indipendenza. In effetti il 3 marzo scorso Jagland è stato sfiduciato dagli altri membri del Comitato – evento clamoroso e inedito –, che hanno messo al suo posto Kaci Kullmann Five: anche lei ex leader di un partito, quello conservatore; ma dal 1997 completamente fuori dalla politica.