Nicola Sturgeon (foto LaPresse)

Chi è la “Scotweiler”, ago del bipolarismo imperfetto

Cristina Marconi
Così si è imposta Nicola Sturgeon, scaltra apprendista di Scozia con un segreto e una nemica

Londra. Il punto di rosso di Nicola Sturgeon è il ravanello. Meno fucsia del ciclamino, più civettuolo del porpora, un tocco più luminoso del carminio. Proprio la tonalità del ravanello, insomma, non fosse che la metafora del tubero rosso fuori e bianco dentro come immagine di doppiezza politica, con la leader scozzese, non si applica. Non che si offenderebbe, perché il bello di Nicola Sturgeon è anche che, dopo cinque anni di infatuazioni paneuropee per politici antipolitici, improvvisati agitapopolo, fautori di primitivismo economico, con lei è tornata ad avere appeal la politica pragmatica, ed efficace. Così la leader degli scozzesi dell’Snp ha trasformato una campagna incolore in una gara a essere d’accordo con lei. La Sturgeon è stata più efficace di David Cameron, più attenta al sociale di Ed Miliband, più vicina alla gente di Nigel Farage, più bio della verde Natalie Bennett, più influente di Nick Clegg. 

 

A sette mesi dal referendum scozzese, la sconfitta degli indipendentisti pare una mano santa sulla loro causa. La decisione di Alex Salmond di dimettersi non solo ha fatto passare l’Snp come un partito serio, di quelli in cui gli errori si pagano, ma ha anche dato nuova linfa alla lotta, portata avanti dall’eterna apprendista di Salmond ormai emancipata: i tesserati sono passati da 25 mila a 100 mila, se oggi ci fosse un referendum sull’indipendenza il “no” avrebbe un margine di appena 6 punti, 53 per cento contro 47, e delle 59 constituency scozzesi pare che una cinquantina sarebbero in mano all’Snp, che un tempo ne aveva 6 contro le 41 del Labour.

 

A Jim Murphy, leader del Labour scozzese, restano le briciole e gli insulti che si è beccato assieme all’attore en travesti e attivista Eddie Izzard, uno che di solito riempie gli stadi ed è amatissimo, in una piazza di Glasgow. “Ma non è un voto di protesta, attenzione, l’Snp ha guadagnato terreno lentamente e inesorabilmente negli ultimi anni, l’unica differenza è che ora la gente lo vota alle elezioni nazionali e lo considera un partito normale, mentre prima lo si teneva per le locali”, spiega Jan Eichhorn, ricercatore all’Università di Edimburgo ed esperto di processi democratici. “E poi la Sturgeon è una politica bravissima, appare molto autentica e ha fatto passare il messaggio che l’Snp lotta per la giustizia sociale a differenza degli altri, Labour innanzi tutto”, prosegue lo studioso. “La Scotweiler”, la chiama il Sun edizione nazionale, mentre quella scozzese le dedica copertine di endorsement in cui appare come la principessa Leila di “Guerre stellari” con tanto di trecce a paraorecchi e spada laser. Ci mancherebbe, con i danni che ha fatto a Miliband, i conservatori la adorano. Fino all’ultimo ha suscitato il meglio nei feroci titolisti inglesi, come quello del Telegraph che sparava in prima pagina “Incubo a Downing Street” con una grande foto della Sturgeon che faceva “ciao ciao” dalla finestrella di una casetta per bambini con una porta rossa con sopra scritto “10” come su quella (nera) della residenza del primo ministro. Con il suo sguardo sveglio e il volto sorridente circondato da quello di tre bimbetti inconsapevoli, il richiamo alla strega nella casetta di marzapane con dentro Hänsel e Gretel prigionieri inconsapevoli appare assai evidente. Ma se di sequestro si tratta, la sindrome di Stoccolma deve aver preso un po’ tutti in Scozia, tanto che come col referendum di settembre anche qui è dovuto intervenire Gordon Brown, che col tono di un orso uscito nervoso dal letargo, ha richiamato gli elettori all’ordine in un discorso splendido e roboante in cui il fine ultimo di Sturgeon – la secessione, non dimentichiamolo – è stato chiamato “nazionalismo, non patriottismo”, “l’unica indipendenza che vogliamo è l’indipendenza dalla povertà”.

 

Servirà anche stavolta? “Troppo tardi”, secondo Eichhorn, visto che ormai ha già fatto la sua campagna elettorale in elicottero sui tacchi, questa avvocatessa nata nel 1970, iscritta al partito da quando aveva 16 anni ed eletta la prima volta dopo qualche tentativo fallito a 29. Le foto raccontano una giovanotta paffuta e assorta con giacche squadrate e tagli di capelli improbabili non dissimile dalla Angela Merkel prima maniera, se proprio bisogna cercare maternità ideali. Ma non è austera, Nicola, e non si trema immaginandola mangiare un panino al bacon e quando va in televisione con la sua oratoria piuttosto classica e il suo attivismo un po’ anni Ottanta sul disarmo nucleare risulta schietta, convincente. Fa fuori tutti gli stereotipi proprio perché usa l’essere donna in maniera scaltra, come quando ha abbracciato la verde Bennett e la gallese Leanne Wood di Plaid Cymru al termine di un dibattito televisivo, lasciando solo il povero Ed Miliband in un angoletto e promuovendo un’idea di sorellanza pragmatica molto utile a lei stessa, visto che le altre due sono sue pallide imitazioni.

 

[**Video_box_2**]Figlia di un elettricista e di un’igienista dentale, sposata con un pezzo grosso dell’Snp, niente figli, Nicola Sturgeon racconta di essersi interessata alla politica quando Margaret Thatcher era primo ministro e smantellava le industrie del nord, creava disoccupazione in certe regioni lanciando Londra sulla scena internazionale. “Non mi piace la parola ‘arrabbiata’ perché non è così che è avvenuto”, ha spiegato in un’intervista. “Mi ha motivata ad uscire di casa e fare campagne, e a cercare di cambiare il mondo in meglio”. Un’anti thatcheriana costruttiva, che potrebbe essere una buona idea, un’aspirante nemesi che fa proposte invece di accanirsi a vuoto contro l’arcinemica.