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Un appello non ascoltato di Mattarella

Redazione

La maggioranza raggiunge un record negativo sui decreti. Svolte necessarie 

Quando Sergio Mattarella, qualche tempo fa, mise nero su bianco il suo avvertimento contro la bulimia di decreti-legge, non stava parlando ai posteri. Diceva al governo e al Parlamento di allora: attenzione, non riempite i decreti di norme estranee, non trasformate l’eccezione in regola, non usate l’urgenza come scorciatoia permanente.

Era un appello semplice: rispettate la Costituzione e restituite al Parlamento il ruolo che gli spetta. Bene, quell’appello non è stato ascoltato. Lo dicono i numeri, diffusi la scorsa settimana dalla Camera. Nella legislatura in corso, quasi il 40 per cento delle leggi approvate non sono leggi nate da un confronto ordinario, ma conversioni di decreti-legge. Erano il 21 per cento dieci anni fa, il 33 per cento nella legislatura precedente, oggi siamo arrivati al 38,5. Quattro leggi su dieci, dunque, nascono in emergenza. Ma davvero viviamo in uno stato di emergenza permanente? Il paradosso è che il Parlamento si riduce spesso a fare da notaio delle decisioni prese dal governo, cosa che capita ma se lo straordinario diventa ordinario un problema c'è. E lo fa ratificando provvedimenti già in vigore, spesso infarciti di norme che con l’urgenza hanno poco a che fare. Da qui il proliferare dei cosiddetti “omnibus”, dove dentro c’è di tutto, e la tendenza a giocare con le etichette: chiama “riordino” quello che è un nuovo intervento di merito, chiama “codice” quello che non ha la completezza di un codice, chiama “testo unico” quello che non unifica proprio nulla. Mattarella aveva avvertito che l’abuso della decretazione è un vizio che scava nelle fondamenta del nostro ordinamento.

Se il Parlamento abdica al suo ruolo, se il governo trasforma l’urgenza in prassi quotidiana, non è solo un problema di tecnica legislativa: è un piccolo problema di democrazia. Il capo dello stato aveva chiesto sobrietà. La risposta è stata una robusta alzata di spalle. E oggi siamo qui, a fare i conti con un Parlamento che produce meno leggi vere e più decreti convertiti, con cittadini e imprese che navigano in un mare di norme instabili, e con un appello che suona ancora più attuale proprio perché è rimasto inascoltato.

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