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Editoriali

Il ponte sullo Stretto è un'opera giusta anche per dimostrare che la legalità non si difende con l'immobilismo

Redazione

Mercoledì l’ok al progetto definitivo per l'avvio dei lavori. Fare il ponte è giusto, non perché non ci siano dubbi a riguardo ma perché sarebbe una prova sulla capacità del paese di portare a termine un'opera complessa, in tempi ragionevoli, con un minimo di efficienza 

Mercoledì arriva l’ok al progetto definitivo del ponte sullo Stretto. Matteo Salvini lo annuncia con la solita enfasi, rivendicando la scelta di restare in ufficio a firmare invece di partecipare a un evento con Meloni. Il tono è solenne, il sospetto è quello di sempre. Ma al netto della propaganda, una cosa va detta: fare il ponte è giusto. E vedere se si riesce a farlo davvero è un test importante. Non perché manchino i dubbi – ambientali, ingegneristici, finanziari – ma perché non si può continuare a considerare l’immobilismo come unica garanzia di legalità. Il ponte è un’opera enorme, certo. Due torri da oltre 380 metri, un’unica campata sospesa da 3,3 chilometri, un investimento stimato in 13,5 miliardi di euro. Ma è soprattutto una prova: sulla capacità del Paese di portare a termine un’opera complessa, in tempi ragionevoli, con un minimo di efficienza. Negli ultimi trent’anni in Italia si sono inaugurate opere incompiute, si sono moltiplicate le conferenze dei servizi, si è smarrito il coraggio di decidere.

Il ponte non è solo un’infrastruttura, è un simbolo di questa difficoltà. Se ne parla da mezzo secolo, ma ancora oggi basta nominarlo per innescare il riflesso condizionato della diffidenza. Salvini lo sa. Sa che in molti non gli credono, che ogni annuncio viene letto come propaganda. Ma sa anche che in Calabria e in Sicilia il ponte lo sognano da tempo. Per chi vive nel Sud, non è solo un’opera scenografica: è la speranza che lo Stato si prenda finalmente una responsabilità. Che non dica sempre no per paura di sbagliare. Il ponte non risolverà i problemi del Mezzogiorno. Ma può aiutare a capire se siamo ancora capaci di fare qualcosa di grande senza finire in un pantano giudiziario o burocratico. E’ questo il punto. Non tifare per il ponte, ma aspettarsi che chi governa si assuma il rischio del fare. Senza slogan, senza scorciatoie. Ma finalmente con i fatti.

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