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Editoriali

L'ultima pretesa di Hamas e il sabotaggio dell'accordo

Redazione

2.200 detenuti palestinesi per dieci ostaggi israeliani, è la richiesta che arriva da Gaza. Mentre anche nel mondo nel mondo arabo crescono le pressioni sui terroristi affinché accettino l'intesa per arrivare a sessanta giorni di cessate il fuoco

Steve Witkoff è arrivato in Italia, in Sardegna, per incontrare, ormeggiato al largo dell’isola, emissari qatarini e israeliani e farsi aggiornare sui negoziati per un accordo tra Israele e Hamas. L’inviato speciale americano per il medio oriente sperava in ottime notizie per poi proseguire verso Doha e annunciare finalmente il raggiungimento di un’intesa. Il suo viaggio, che è il primo segnale da osservare per capire se qualcosa si sta muovendo sul serio, è stato rimandato ancora una volta, dopo che Hamas ha risposto all’ultima proposta di cessate il fuoco. Il premier israeliano ha richiamato la sua squadra di negoziatori dopo aver visto le intenzioni di Hamas. Gli americani hanno fatto lo stesso. Non è una chiusura al negoziato, hanno spiegato funzionari israeliani, ma un modo per smuovere le trattative e mettere il gruppo terroristico davanti all’evidenza che non può continuare a cambiare le condizioni. Hamas infatti ha riaperto la trattativa, imponendo un numero più alto di palestinesi da rilasciare dalle carceri israeliane.

Hamas tiene in prigionia cinquanta ostaggi, vivi e morti, e per liberarne dieci vivi pretende la scarcerazioni di 200 prigionieri palestinesi condannati all’ergastolo per omicidio e duemila palestinesi tra gli arrestati dopo il 7 ottobre. In tutto 2.200 detenuti per dieci innocenti rapiti. I mediatori qatarini avevano detto al gruppo di non riaprire il negoziato, di non avanzare altre pretese. I mediatori egiziani avevano manifestato la loro irrequietezza per l’atteggiamento di Hamas. Le notizie sulla fame dentro la Striscia sono per il gruppo terroristico un’occasione per aumentare la pressione su Israele da parte soprattutto dei paesi occidentali. Nel mondo arabo invece aumentano gli appelli contro Hamas affinché accetti l’accordo per liberare gli ostaggi e arrivare a sessanta giorni di cessate il fuoco che consentirebbero  di dare sollievo alla popolazione, dalle bombe e dalla mancanza di cibo. 

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