Editoriali

Inammissibile il ricorso che chiedeva la riapertura del caso Erba. Nulla di strano

Redazione

Per ora si può dire che le procedure giudiziarie si sono svolte nel rispetto delle regole, senza cedimenti, in un senso o nell’altro, alla pressione esercitata inevitabilmente dal grande interesse mediatico per la vicenda

La Corte di appello di Brescia ha ritenuto inammissibile il ricorso della difesa che chiedeva di riaprire il processo nei confronti di Rosa Bazzi e Olindo Romano, condannati all’ergastolo per omicidio plurimo dopo tre gradi di giudizio. L’accusa non aveva dubbi sulla fragilità delle prove addotte dalla difesa, tanto è vero che aveva persino rinunciato a replicare. Si scontravano, più di fronte all’opinione pubblica che in tribunale, l’immagine dei detenuti, che non sembra affatto quella degli assassini spietati, e il peso degli indizi, poi suffragati da una confessione, che avevano portato alla loro condanna. L’ipotesi alternativa a quella della lite condominiale finita in tragedia, quella di una vendetta legata allo spaccio di droga, appariva più interessante, ma non pare (almeno così ha deciso il tribunale  come era avvenuto nei precedenti gradi di giudizio) suffragata da alcuna prova convincente. Soprattutto non è stata data alcuna spiegazione convincente della confessione degli imputati, che la difesa definisce “estorta”, il che configurerebbe un comportamento gravissimo degli inquirenti, ma quell’ipotesi non è basata su alcun elemento. Naturalmente nessun garantista può escludere che si possano verificare e si siano verificati episodi di questo genere, ma non si riesce a immaginare una ragione che abbia spinto gli inquirenti a esercitare pressioni indebite, quando disponevano di una testimonianza di accusa abbastanza precisa. La difesa ha annunciato un nuovo ricorso. Per ora si può dire che le procedure giudiziarie si sono svolte nel rispetto delle regole, senza cedimenti, in un senso o nell’altro, alla pressione esercitata inevitabilmente dal grande interesse mediatico per la vicenda. In questo caso non è stata la procura a cercare il consenso esterno più che la convinzione basata sugli elementi di prova, come era accaduto in varie altre occasioni, e questo, indipendentemente dall’esito, è un comportamento  consono alla funzione esercitata.

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