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romanzo criminale

Rosa e Olindo. Un processo pasticciato (su un caso chiaro) e la voglia italiana di rifare tutto

Maurizio Crippa

I pasticci giudiziari e i dubbi sull'inchiesta permettono agli appassionati di gustarsi una nuova serie sulla strage di Erba. Tra talk show e giornali sempre pronti a cavalcare sterili polemiche,  ci manca solo una bella commissione parlamentare

Il personaggio nuovo della nuova stagione (quarta? ottava?) del romanzo criminale Rosa & Olindo - La strage di Erba, ha un nome e un curriculum che sono già promessa di narrazione: il sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser, altoatesino che a Bolzano si era guadagnato fama di irreprensibile organizzatore e indagatore di misteri. Come in ogni serie che deve riaccendere la curiosità del pubblico, si riprendono gli elementi già noti, e via di storytelling: qui si riapre un processo falsato da “errori giudiziari”. 


Tre gradi di giudizio e 27 giudici hanno condannato Rosa Bazzi e Olindo Romano all’ergastolo per la strage. Ma subito l’Italia si risveglia colpevolista e innocentista come quindici anni fa: con i talk pronti a cavalcare i dubbi, i giornali di destra a mettere nel tritacarne i giudici e quelli tradizionalmente filo procure pronti a chiudere il caso prima che si riapra. Una mania tutta italiana, quella della revisione dei processi, che però ha un suo facile fondamento: spesso indagini e processi sono fatti male, tanto da far sorgere dubbi anche nei casi più piani: Garlasco, Perugia, Avetrana. La strage di Erba non fa eccezione, anzi. Se Carabinieri e pm avessero fatto le cose per bene, la nuova stagione non sarebbe qui a deliziarci. 

 

Antefatto.  L’11 dicembre 2006 Raffaella Castagna, il figlio suo e di Azouz Marzouk, Youssef, Paola Galli madre di Raffaella e la vicina di casa Valeria Cherubini furono trucidati a coltellate e poi bruciati nella loro casa. Mario Frigerio, marito di Valeria, sopravvisse miracolosamente e fu poi il principale teste d’accusa (ma assai controverso, colpa di come si mossero gli investigatori) per incriminare i vicini di casa: gli inquietanti Olindo e Rosa. Una coppia isolata, che viveva pressoché in simbiosi chiusa nel suo mondo, ostile a tutti e a sua volta divenuta oggetto ostile per il mondo fuori. Dirà il processo: una dipendenza patologica, una sorta di “folie à deux”. Si dichiararono prima innocenti, poi colpevoli (forse immaginando che la confessione potesse addirittura fargli ottenere di essere incarcerati insieme). Poi tornarono a dirsi innocenti e vittime di confessione estorta. Il caso fu enorme. Nella Brianza impaurita dall’immigrazione, giornali e tv non esitarono un istante a dichiarare colpevole il marito tunisino, brutto scivolone di cui non ci si scusò, per buttarsi subito dopo sulla coppia mostruosa. Pino Corrias scrisse un libro-inchiesta serrato, il Foglio se ne occupò, costruito sulla bizzarra teoria che i mostri fossero figli legittimi dell’antropologia brianzola: danè, razzismo e Radio Maria. Se volete invece un racconto equilibrato e ben fatto, ascoltate il podcast di Stefano Nazzi per il Post, “Indagini”. 

 

Ora si riparte dall’iniziativa del sostituto pg – anche se poi, nel caso, a decidere se avanzare richiesta di revisione saranno la pg Francesca Nanni e l’avvocata generale Lucilla Tontodonati – secondo cui  ci sono materiali sufficienti per riaprire il caso: la testimonianza di Frigerio in parte condizionata da chi lo interrogò (abbastanza vero, ma la Cassazione aveva già scartato l’argomento); l’unica prova scientifica rilevata nell’auto degli “assassini” raccolta con procedure sbagliate e inservibile; infine le confessioni dei due, che sarebbero “false confessioni acquiescenti”. Tutte cose già emerse, e che in precedenti tentativi di riaprire il processo sono state sempre respinte come insufficienti e non pertinenti. Altra novità è il ricorso che gli avvocati dei due stanno preparando e che sarà presentato a Brescia, citando nuovi testimoni. 

 

Che cosa c’è stavolta, nella nuova stagione, a parte la personalità ad alto tasso narrativo di  Cuno Tarfusser? Innanzitutto, che per la prima volta un magistrato, in modo piuttosto esplicito, avanza forti dubbi su come i Carabinieri e la procura di Como condussero le indagini. Insomma una nuova scaramuccia interna alla magistratura, e tanto basta per far scattare come fosse il quarto grado di giudizio Piero Colaprico su Repubblica: “Il castello delle prove che il pg non può smontare”. Ascoltando il podcast di Nazzi, sembra invece di cogliere un tono più dubitativo. “In realtà no”, commenta l’autore col Foglio, “espongo i dubbi e le cose che non hanno funzionato: come purtroppo spesso in questi casi, ci sono rilievi da fare.

Ma la realtà è che le prove a carico – fatti oggettivi, la confessione scritta da Olindo sulla Bibbia in carcere – non lasciano dubbi e la Cassazione ha in sostanza già risposto con chiarezza”. Insomma, come ha ricapitolato Giusi Fasano, cronista del Corriere, per ora non è successo niente e “la relazione non scagiona da niente. Prima servirebbe: 1) presentarla, 2) accoglierla, 3) aspettare l’eventuale nuovo processo, 4) assolverli”. Poi, i cultori delle serie criminali potrebbero solo sperare nel quarto grado di giudizio all’italiana: una bella commissione parlamentare per riscrivere la storia che i processi non hanno saputo svelare.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"