editoriali

Il risiko draghiano e Unicredit su Mps

Redazione

L’intesa Orcel-Mef per la banca senese è il primo step di una nuova èra

La strada di Mps verso Unicredit è aperta anche se lastricata di “se” e di “ma” a giudicare dalle condizioni poste dall’istituto guidato da Andrea Orcel, che ha subordinato l’eventuale acquisizione della banca pubblica, dopo la trattativa in esclusiva con il Mef annunciata ieri sera, al “positivo esito della verifica della sussistenza dei requisiti essenziali dell’operazione”. Parole di prassi, probabilmente, che vogliono sottolineare quello che Orcel e Jean Pierre Mustier prima di lui ha detto più volte e cioè che l’operazione deve avere un impatto neutro sul patrimonio di Unicredit. Cioè Mps non può e non deve essere una zavorra. Evidentemente, le condizioni, con il governo Draghi e dopo il cambio dell’ad sono state trovate almeno per sedersi al tavolo a ragionare. Al momento, non si conosce quale sarà  il perimetro dell’operazione che godrà di qualche miliardo di benefici fiscali – cioè se Unicredit acquisirà solo la rete degli sportelli nell’ambito di uno spezzatino oppure se l’intera banca per poi fonderla – ma di sicuro la trattativa avviata tra Unicredit e Mef elimina un elemento di incertezza dal tavolo del risiko bancario, che finora ha faticato a partire nell’attesa che venisse individuata una soluzione per la privatizzazione del Monte entro i termini previsti dagli accordi con l’Unione europea. Partita sulla quale si gioca la buona reputazione dell’Italia e del governo Draghi sul piano internazionale. Se la trattativa andrà in porto potrebbe avere un effetto sul consolidamento bancario in Italia, caldeggiato dalla Bce, come quando si toglie un tappo. E anche Unicredit avrebbe mani libere per valutare un’ulteriore crescita dimensionale per il futuro (la candidata di cui più si vocifera è Banco Bpm, ma qualcuno ha azzardato anche un’unione con Mediobanca). Intanto, oggi sono attesi i risultati degli stress test sulle banche italiane e per Mps il fabbisogno di capitale potrebbe essere inferiore ai 2,5 miliardi ipotizzati. Il che, sottolineano gli analisti, non esimerà la banca pubblica dal dover fare una imponente ricapitalizzazione. La palla passa a Unicredit.

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