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L'analisi

Populismo macroeconomico: chi vincerà il premio Liz Truss 2026?

Mariarosaria Marchesano

Da Trump a Takaichi, passando per Starmer e Macron. Per la società di gestione patrimoniale Carmignac, a determinare la crescita globale per il prossimo anno saranno soprattutto le scelte dei governi sempre più orientate all’espansione fiscale

Il populismo continuerà a dominare la scena politica nel 2026. Nelle previsioni per il prossimo anno delle principali banche d’affari si coglie la presa d’atto che a determinare la crescita globale (prevista invariata intorno al 3 per cento) saranno soprattutto le scelte dei governi sempre più orientate all’espansione fiscale. Si tratta di una preoccupazione diffusa tra i grandi investitori, in genere molto sensibili alle oscillazioni del mercato dei titoli di stato, ma Carmignac – una delle principali società di gestioni patrimoniali in Europa – ne fa il centro della sua analisi nell’outlook 2026. “Ci aspettiamo che Trump intensifichi gli stimoli economici in vista delle elezioni di metà mandato attraverso leve fiscali e monetarie e attraverso una deregulation delle banche”.

In Europa avverrà qualcosa di simile con il piano Merz, dato che l’unico caso virtuoso di crescita dell’area – quello della Spagna – si basa su una ricetta non replicabile in altri paesi e dato che i tradizionali driver di crescita europei, esportazioni e investimenti privati, in questo momento sono frenati da svariati fattori. “La Germania sarà in testa alla classifica dei ‘peccatori fiscali’ con lo storico piano Merz”, dicono gli analisti di Carmignac. Così, dopo un secondo semestre 2025 debole, la crescita dell’Eurozona dovrebbe accelerare fino a raggiungere “un discreto 1,2 per cento” nel 2026.

Un cambiamento storico si vedrà in Cina, che passa “dal mercantilismo al tecnomilitarismo”. Il nuovo piano quinquennale dà priorità all’autosufficienza tecnologica e alla diffusione dell’intelligenza artificiale nel settore manifatturiero “senza alcuna strategia per affrontare il buco nero del mercato immobiliare o l’aumento dell’occupazione giovanile”. Inoltre, le esportazioni non sono più una valvola di sicurezza per la crescita cinese, visto il crescente protezionismo americano ma anche globale. Insomma, Pechino non avrà altra scelta che aumentare il proprio deficit il prossimo anno, anche se, osserva Carmignac, ha margini per farlo senza svalutare il renminbi.

Il Giappone, infine, potrebbe essere la vera sorpresa del 2026, ma non si sa se in bene o in male. Il pacchetto fiscale del 3,4 per cento del pil appena annunciato suscita qualche dubbio. “L’ambizione del nuovo primo ministro Takaichi di far rinascere l’Abenomics (le politiche economiche adottate dall’ex primo ministro Shinzo Abe, ndr) in un’economia già surriscaldata è una ricetta per un crollo dei mercati e un disastro politico”. In conclusione, una crescita economica disomogenea e debole farà aumentare la frustrazione degli elettori e spingerà i governi verso scelte populiste “con le banche centrali costrette a monetizzare questa corsa fiscale alla cieca, nel nome della stabilità finanziaria”. Ma i bond vigilantes (i grandi investitori sul debito pubblico) staranno all’erta. Chi tra Trump, Takaichi, Starmer o Macron vincerà il “Premio Liz Truss” per il 2026 è ancora una questione aperta, osserva Carmignac: “E’ probabile che il peso ricada su più di un candidato, data la cointegrazione dei mercati obbligazionari globali”.

 

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