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Il colloquio
Perché l'editoria torna di moda. Parla Zuncheddu (Unione Sarda)
L'editore sardo si dice “stupito” del grande interesse per i giornali che tutto d’un tratto tanti imprenditori stanno dimostrando: "Credo che sia un bene per l’Italia che tanti ambiscano a diventare editori, ma mi auguro che abbiano chiaro in mente il modello di business"
Sergio Zuncheddu, da 26 anni editore del gruppo Unione Sarda, si dice “stupito” del grande interesse per i giornali che tutto d’un tratto tanti imprenditori stanno dimostrando quando poi, si sa, che far quadrare i conti in questo settore è complicato. “Noi ci siamo riusciti – spiega in un colloquio con il Foglio – diversificando i canali di informazione, cioè mettendo insieme quotidiano, web, radio, tv, attività industriale di stampa, e oggi generiamo oltre un milione di contatti al giorno. Abbiamo creato un polo editoriale con rilevanti sinergie di costi e ricavi e un bilancio consolidato che consente di compensare perdite e profitti. Se, invece, si punta solo sulla carta stampata è più difficile, così sono curioso di vedere se chi vuole acquistare alcune testate giornalistiche abbia in mente qualcosa di innovativo oppure lo faccia con altri fini”. Insomma, è scettico? “Tutt’altro, ho molto rispetto per chi investe e credo che sia un bene per l’Italia che tanti ambiscano a diventare editori, ma mi auguro che abbiano chiaro in mente il modello di business. Tutti sappiamo che il settore dei media ha imboccato una traiettoria discendente negli ultimi 10-15 anni”.
Zuncheddu, oltre all’esperienza editoriale in Sardegna, da Milano progetta, costruisce, affitta o vende centri commerciali. Osservando da vicino il rapporto tra la macchina amministrativa e l’iniziativa economica è critico: “La scarsa qualificazione di chi nella pubblica amministrazione è chiamato a valutare progetti di investimento è il più grande freno alla crescita dell’Italia. In questi posti dovrebbe esserci chi è in grado di comprenderne la ricaduta sui territori in termini di sviluppo e occupazione”. Per Zuncheddu, il governo ha lavorato bene sui conti dello stato, ma non è ancora riuscito a innovare e rendere più efficiente la pubblica amministrazione. La sua idea per il 2026, e non scherza, è che chi nelle istituzioni ha la responsabilità di esaminare e approvare nuovi investimenti dovrebbe conoscere il moltiplicatore di Keynes, quello che si studia sui testi di macroeconomia. “Basterebbe applicare quella formula per rendersi conto dell’effetto moltiplicativo della spesa pubblica o degli investimenti privati sul contesto economico complessivo ed essere indotti a dare risposte rapide, a beneficio della collettività di cui pure loro fanno parte”. L’idea, detta da un imprenditore-editore, può apparire una provocazione: “Occorre aumentare – incalza – la consapevolezza della classe dirigente pubblica degli effetti positivi che si potrebbero generare se i tempi della burocrazia, anche con l’introduzione di dosi massicce di intelligenza artificiale, venissero ridotti e le decisioni accelerate: più imprese, più lavoro, più servizi, più sviluppo e benessere”.
La Sardegna, però, rientra nella zona economica speciale del Mezzogiorno (Zes) dove dovrebbe essere molto più semplice e veloce realizzare investimenti. E’ così? “Non mi risulta che questa zona speciale abbia avuto particolare successo nella nostra regione dove si continuano, quello sì, ad autorizzare la costruzione di impianti eolici e fotovoltaici che ne stanno deturpando il paesaggio”. Su questo fronte, l’editore dell’Unione Sarda ha intrapreso una battaglia contribuendo a raccogliere 210 mila firme per fermare un tipo di politica ambientalista che, avendo a suo parere una radice ideologica, finisce per trascurare l’impatto su natura e paesaggi. Una posizione che ha posto Zuncheddu, e i suoi giornali, in antitesi con la presidente della regione, Alessandra Todde, sebbene quest’ultima abbia fatto una moratoria e una legge per bloccare l’installazione delle rinnovabili, poi bocciate dalla Corte Costituzionale. Come mai? “L’attuale presidente della regione Sardegna è stata viceministro nel governo Draghi e artefice con Cingolani e Pichetto Frattin del famoso decreto Draghi, che ha spalancato le porte alla speculazione energetica consentendo procedure accelerate per approvare impianti eolici e fotovoltaici anche a dispetto dei vincoli paesaggistici, monumentali e ambientali e senza tenere conto degli interessi delle popolazioni coinvolte. Le due leggine che ha fatto era già previsto che non sarebbero passate in Corte Costituzionale che, infatti, le ha bocciate. Il risultato è che oggi la Sardegna è preda indifesa della speculazione devastatrice di ambiente e paesaggio”.
L’Unione Sarda è anche il quotidiano più diffuso dell’isola. Come risponde a chi le muove critiche su un presunto conflitto di interessi? “Non ho alcun interesse nell’energia – ribatte Zuncheddu – non mi occupo di gas, carbone, eolico, fotovoltaico, petrolio, idroelettrico, biomasse, moto ondoso e così via. Semplicemente sento il dovere morale, come sardo e come editore, di contribuire a tutelare l’unica, grande risorsa della Sardegna che ha nel paesaggio un inestimabile valore economico e identitario”.