Ansa
L'analisi
La Tav non è come l'Autostrada: è un Superbonus con le rotaie
Mentre la rete stradale ha rappresentato per l'Italia un ottimo investimento, per le ferrovie è accaduto il contrario: da oltre un secolo causano un "enorme pompaggio di risorse finanziarie"
Le grandi infrastrutture sono “evidentemente positive”, scrive Ubaldo Casotto sul Foglio del 9 dicembre nel suo duro j’accuse contro la sinistra “che non sa vedere il progresso e lo sviluppo a cui queste opere aprono la strada”. Il capo di imputazione più pesante è quello relativo alla posizione contraria alla costruzione dell’autostrada del Sole che si riproporrebbe oggi, seppur limitatamente alla sinistra-sinistra, con la avversione alla Tav. E’ un’analogia intrigante ma che, a esaminarla con attenzione, appare poco convincente.
Il primo aspetto da chiarire è quello del nesso causale tra infrastrutture e crescita economica: spesso è considerato come un postulato e, in quanto tale, assunto come vero perché ritenuto evidente. La letteratura economica sul tema è assai più prudente, per non dire scettica. “Molto rumore per nulla?” è il titolo di un recente articolo scientifico che indaga sul legame tra le due variabili e che giunge a questa conclusione: “Gli impatti variano a seconda del tipo di infrastruttura e del settore. Inoltre, quanto maggiore è l’affidabilità della stima, tanto più questa è vicina a zero”. E, per venire a un esempio più specifico che riguarda l’Italia, Emanuele Ciani, Guido de Blasio e Samuele Poy, ricercatori della Banca d’Italia, mostrano come la realizzazione dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria non abbia avuto alcun impatto significativo sulla crescita regionale.
Nessun segnale delle nuove linee ad alta velocità si registra nell’encefalogramma, da un quarto di secolo piatto, del pil italiano. All’opposto, c’è il caso della Polonia e degli altri paesi dell’Europa orientale che, dopo il crollo del Muro di Berlino, hanno visto al contempo un crollo degli spostamenti in treno e una forte crescita economica che ha avuto come conseguenza l’esplosione del traffico automobilistico. Proprio come era successo da noi negli anni ‘50 durante il “Miracolo economico”. La costruzione dell’autostrada del Sole avvenne in un contesto di crescita economica intorno al 5 per cento annuo e di rapido aumento del tasso di motorizzazione: nei soli otto anni di costruzione dell’opera i veicoli circolanti passarono da uno a cinque milioni.
Si trattò di un processo che, al contrario di quanto sosteneva il Pci all’epoca, non avvenne perché “forzato” ma come conseguenza delle scelte individuali degli italiani che valutarono i benefici del possesso dell’auto superiori ai costi.La diagnosi della sinistra dell’epoca era fallace anche sotto un altro aspetto. Come ricorda Casotto, si sosteneva che la costruzione delle autostrade avrebbe determinato “un enorme pompaggio di risorse finanziarie sottratte ad altri investimenti”. In realtà, i costi di costruzione e gestione della maggior parte delle autostrade sono stati interamente ripagati dagli utenti con i pedaggi e anche la rete stradale ha rappresentato un ottimo investimento: da più decenni le entrate fiscali specifiche del settore superano ampiamente la spesa pubblica con un flusso netto di risorse per l’Erario dell’ordine dei 40 miliardi all’anno.
E’ accaduto il contrario per le ferrovie che, da oltre un secolo, causano davvero un “enorme pompaggio di risorse finanziarie”. Dal dopoguerra a oggi il settore ha ricevuto trasferimenti pubblici per più di 600 miliardi di euro, equivalenti a un quinto del nostro debito pubblico. Moltissimi soldi che, peraltro, non hanno impedito il progressivo calo della quota di domanda di mobilità soddisfatta dai treni. Già nel 1970 si era assottigliata al 12 per cento ed è risultata pari al 6,3 per cento nel 2022.
Negli ultimi anni c’è stata un’accelerazione della spesa con investimenti su tratte che avranno un numero di passeggeri molto più basso rispetto a quello che si registra tra Milano e Roma e, per di più, nel contesto di uno scenario demografico molto negativo. Avremo viaggi più comodi e veloci per pochissimi con costi scaricati sui contribuenti: un Superbonus con le rotaie. Come ebbe a dire (per poi ricredersi poco dopo) Matteo Renzi sulla Tav: “Sono soldi impiegati male” che ci faranno ulteriormente indebitare senza farci crescere e con benefici ambientali marginali.