Energia nucleare
Serve velocemente un deposito di rifiuti nucleari. L'appello di Legambiente e Fare Ambiente al governo
Le due associazioni ambientaliste chiedono di accelerare nell'individuazione di un luogo destinato allo smaltimento dei rifiuti radioattivi, ma il ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica non prevede un'apertura prima del 2039
"L'unica cosa che dobbiamo fare velocemente, perché avremmo docuto farla 30 anni fa, è il deposito di rifiuti radioattivi". A dirlo è il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani, fermamente contrario alla produzione di energia nucleare in Italia, ma pragmatico rispetto al fatto che sia in ambito industriale, che sanitario che per fare ricerca, la tecnologia nucleare nel nostro Paese viene utilizzata e in qualche modo va smaltita. "Sono cambiati i governi di tutti i colori e nessuno ha deciso di trovare un luogo dove costruire un deposito".
E' un appello che Ciafani rivolge al governo insieme al presidente di Fare Ambiente Vincenzo Pepe nell'intervista rilasciata nel video-podcast del Foglio "Divergenze Parallele" in cui i due, su posizioni opposte sull'utilizzo del nucleare come parte del mix energetico, concordano invece sulla necessità di trovare "questo benedetto luogo, per realizzare questo sito di smaltimento dei rifiuti radiottativi. Abbiamo già accumulato decenni di ritardo". Il problema è che "la popolazione italiana non è preparata", sottolinea Pepe, "per questo ci vuole da parte del governo un'azione culturale sul territorio".
Secondo l'inventario nazionale dei rifiuti radiottivi stilato dall'Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin) e aggiornato al 31 dicembre 2024, in Italia sono presenti 24 impianti che detengono rifiuti radioattivi, combustibile esaurito e sorgenti dismesse. Quello che manca, però, è un deposito nazionale, che come sottolineato dall'Isin nell'ultima relazione al governo e al Parlamento, dovrebbe essere "destinato allo smaltimento a titolo definitivo dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività, derivanti da attività industriali, di ricerca e medico-sanitarie e dalla pregressa gestione di impianti nucleari, e all’immagazzinamento". E a titolo provvisiorio di lunga durata "dei rifiuti ad alta attività e del combustibile irraggiato provenienti dalla pregressa gestione di impianti nucleari". L'assenza di un unico deposito nazionale - sottolinea l'Ispettorato - "non consente all’Italia di completare le fasi della gestione dei rifiuti radioattivi dalla generazione fino allo smaltimento".
Due anni fa il governo aveva individuato 51 luoghi potenzialmente idonei ad ospitare le scorie nucleari, ma nessun comune in Italia si è assunto la responsabilità di rispondere all'autocandidatura. Per questo lo scorso giugno il ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica guidato da Gilberto Pichetto Fratin ha fatto sapere che nel caso continui a non presentarsi nessuno, “saranno attivati Comitati interistituzionali misti Stato-Regioni e sarà ricercata l’intesa della Conferenza Unificata”. Il passaggio ulteriore, in assenza di intesa, sarebbe “un decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, integrato con la partecipazione del presidente della Regione interessata”. Non fosse che le tempistiche previste dal governo sono dell'anno 2029 per il provvedimento e del 2039 per la messa in esercizio del deposito nazionale. Non così velocemente come chiesto da Legambiente e Fare Ambiente.