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un girotondo
Una manovra in equilibrio precario: i conti sono salvi, la crescita no
Tre economisti commentano l'ultima legge di Bilancio del governo Meloni. Veronica De Romanis (Luiss), Giampaolo Galli (Osservatorio Conti Pubblici Italiani) e Paolo Grignani (Oxford Economics) spiegano cosa c’è e soprattutto che cosa manca nella finanziaria
I giochi sulla manovra sono conclusi. E il testo rappresenta un instabile equilibrio precario tra i vincoli di finanza pubblica rispetto alla traiettoria debito-pil, le promesse politiche e i microaggiustamenti venduti come svolte (si veda l'oro), e lo spettro di un'Italia che nel 2026 sarà il fanalino di coda dell'Eurozona.
Per capire che cosa c’è davvero dentro - e soprattutto che cosa manca - abbiamo chiesto a tre economisti, con sensibilità diverse, di leggerla senza indulgenze: Veronica De Romanis, Giampaolo Galli (Osservatorio Conti Pubblici Italiani) e Paolo Grignani (Oxford Economics).
Tre sguardi, tre diagnosi, e tre modi di misurare la distanza tra le necessità e bisogni dell’italia (tra crescita, industria, redditi e così via) e la realtà di Bilancio.
"Bene che abbia prevalso la linea di Giorgetti. Ma le vere misure per favorire la crescita erano e sono nel Pnrr, non in manovra"
"Io credo che la prudenza nella gestione dei conti sia una condizione assolutamente necessaria. Non ci saremmo potuti permettere niente di diverso, quindi hanno fatto bene sia il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti che il Governo. C'è però un problema: e se non si riesce a far ripartire la crescita è anche molto difficile tenere i conti alla lunga.
Nelle nostre società c’è una grande domanda di spesa pubblica per la sanità pubblica, per le pensioni, per la scuola, l’istruzione, l’università e così via. E questa domanda la si riesce a soddisfare solo se c’è crescita economica; altrimenti continui a rimanere in una condizione di tensione, sociale e politica, come stiamo noi vivendo adesso da tanti anni. Noi abbiamo fatto un lavoro come Osservatorio Conti Pubblici Italiani (Ocpi) in cui abbiamo visto che gli altri paesi frugali hanno una spesa pubblica su pil che è più bassa della nostra perché hanno un pil più alto. Persino l'Irlanda, che ha una spesa pubblica rispetto al pil nell'ordine del venti per cento, in realtà ha una spesa pro capite che è più o meno come la nostra. Praticamente tutti gli altri paesi europei sono cresciuti, tranne noi.
Le misure che veramente mi piacciono non sono quelle della manovra, ma sono quelle che stanno nel Pnrr (ndr, Galli, in un'intervista al Foglio, ha dichiarato: "Bisognava e bisogna ancora credere davvero al Pnrr e ai suoi obiettiviNel Pnrr c’è scritto “merito”: nella scuola, nella pubblica amministrazione e nella giustizia, ma nelle carriere prevale l’anzianità, con valutazioni meritocratiche quasi inesistenti"). Lì dentro c'era tutto quello che serviva e che sarebbe servito se preso sul serio per far ripartire la crescita o, quantomeno, per eliminare degli ostacoli alla crescita. Per esempio, bisogna prendere molto sul serio l'efficienza della giustizia, e dunque ridurre gli arretrati sul lungo periodo e non solo anno per anno, sennò siamo al punto di partenza. Oppure introdurre il merito nella promozione nella PA, introdurre il merito nelle promozioni degli insegnanti etc. Rispetto al discorso della demografia, non credo che si possa contrastare in toto. Ma per esempi bisognerebbe fare più asili nido come previsto ancora dallo stesso Pnrr.
La manovra e anche le grandi riforme che cerca di fare questo governo, per esempio la separazione delle carriere, non sono quelle che servono veramente per togliere i freni alla crescita. Il governo si sta concentrando un po’ troppo poco sulla crescita.
C'è stata una ovvia tensione all'interno della maggioranza, e in particolare interno della lega; questo lo hanno visto tutti no. Alla fine ha prevalso la linea della serietà di Giorgetti e questo è buono".
Di Giampaolo Galli, direttore scentifico dell’Osservatorio Conti Pubblici Italiani
"La stabilità è una condizione necessaria ma assolutamente non sufficiente. Il governo di economia non parla mai e non c'è un vero programma di politica economica e di spending review"
"La manovra l'abbiamo detto tutti: tiene i conti in ordine. Però la stabilità di Bilancio è una condizione necessaria ma assolutamente non sufficiente. E questo si vede sulla crescita che non c'è. E a dirlo è lo stesso Governo.
Quello che io ho visto di preoccupante in questa costruzione della manovra è l’insieme di due mondi molto differenti. Da un lato il mondo del Mef e dei suoi tecnici, con i dati e le stime a mente, che ha provato ad andare seppur timidamente verso una direzione corretta. Un esempio è l’aumento della cedolare secca sugli affitti brevi, perché si deve passare a una minore tassazione del lavoro e maggiore tassazione delle rendite. Oppure ha provato anche a restringere la spesa pensionistica. Dunque ha provato a cominciare a fare dell’Italia un paese che guarda in faccia la realtà. Faccio due esempi: la tassazione sui redditi da lavoro è troppo più alta rispetto a a quella sulle rendite; e il problema demografico molto forte. Ma quando queste misure sono andate in discussione in Aula si è fatta marcia indietro.
Dall’altro lato c’è il mondo della politico, che invece continua a pensare di vivere nell’utopia e non si rende conto che stiamo affrontando così tante complessità perché ci sono una quantità di sfide che si intrecciano fra di loro e che rendono davvero complicato poter allocare le risorse scarse che abbiamo. Quindi continuare a tassare poco le rendite continuare, o difendere le pensioni (ndr, il riferimento è l’aumento dell’età pensionabile rispetto all’aspettativa di vita) quando la priorità dovrebbero essere i giovani per me vuol dire che chi ha in mano il potere politico non guarda i dati. Per esempio andrebbe abolita la flat tax, ma si continua a dare dei privilegi a delle corporazioni.
Qui c'è un problema serio di funzionamento della pubblica amministrazione, ed è lo stesso ragionamento dietro la misura sui condoni: c'è un problema di lotta all'evasione perché la PA non funziona bene, dunque si fa una nuova rottamazione pensando che il problema sia risolto. Ma in realtà andrebbero fatte delle riforme che rendono più efficiente la riscossione, e quindi in generale la pubblica amministrazione.
Il governo di economia non parla mai e questa è uscita proprio dal quadro. Quindi dire qual è una una riforma battaglia di bandiera è difficile. Hanno continuato con la riduzione dell'Irpef, che però è una cosa piccolina. Mi sarei aspettata un vero e proprio programma di spending review con delle priorità. Invece si sono fatti tagli lineari che è il totale l'opposto di politica economica. Infatti proprio a questo governo piace moltissimo la parola “stabilità”, che vuol dire non fare nulla. La politica economica non c'è e non è nemmeno un terreno di discussione.
Si è parlato un mese di pensioni quando invece bisognerebbe investire sulla scuola, sul capitale umano, sulla formazione. Ma anche cercare di affrontare tutto quello che ruota intorno al grande problema dei prossimi anni che si chiama demografia. Ad esempio nel 2026 ci saranno tutti gli asili nido che avranno bisogno di essere manutenuti. E il problema della demografia si risolve in tanti modi: facendo aumentare l'occupazione femminile, facendo trovare lavoro ai giovani, mettendo delle infrastrutture di cura sia per le anziani sia per i più piccoli; in sintesi, creando un contesto favorevole in modo tale da invertire la curva demografica con tante piccole misure. L'unica azione che si è fatta è il solito bonus per chi ha già due figli e la mamma che lavor, ma riguarda pochissime persone".
Veronica de Romanis, economista e docente presso l'università Luiss
"Una manovra che aggiunge lo 0,1 per cento di pil contribuirà ben poco a far uscire il paese dalla stagnazione"
"Le misure dell'ultima bozza di manovra sono come al solito una miriade, alcune buone e altre meno buone, quindi piuttosto che commentarle una ad una farei un paio di sottolineature di carattere generale.
Volendo guardare il bicchiere mezzo pieno, la finanziaria è positiva per quanto concerne l'attenzione ai conti pubblici. Non abbiamo ancora fatto simulazioni sull'ultima bozza di manovra, ma nelle analisi dei mesi scorsi avevamo stimato un impatto molto modesto ma positivo sulla crescita del 2026, coerente con uno spazio di manovra altrettanto limitato.
D'altra parte, invece di voler focalizzare la manovra su poche misure ben finanziate, si è confermata la tendenza di provare a far tutto con poco, con la conseguenza che diverse misure avranno un impatto risibile. Diverse misure, come il taglio dell'Irpef o il sostegno alle imprese, sono indubbiamente pro-crescita, quindi è innegabile che ci sia un'attenzione all'economia.
A conti fatti una manovra che aggiunge lo 0.1 per cento alla crescita del pil contribuirà ben poco a far uscire il paese dalla stagnazione. Nonostante il risicato spazio di manovra si sarebbe potuto far di più per la crescita a scapito di altre misure, ma queste sono valutazioni politiche.
L'ultimo aspetto negativo che sottolineo è che nemmeno questa volta sia stata presa in considerazione l'opzione più semplice di tutte: non fare niente. In altre parole, accettare che i conti siano andati meglio delle attese ed emettere meno debito, considerato che, tra deficit corrente e altri flussi di cassa (vedi Superbonus), prevediamo crescerà comunque di più di 100 miliardi nel 2026".
Paolo Grignani, Senior Economist di Oxford Economics
Caso Giorgetti e non solo