Ansa
L'intervento
Perché, per il governo, il risanamento dei conti è solo un successo formale
Le stime di crescita per i prossimi tre anni sono molto al di sotto delle previsioni della media europea. Immaginare ancora un triennio di bassissima crescita non è una prospettiva accettabile e anche la riduzione del deficit al di sotto del 3 per cento finisce per essere svuotata di valore
L’entusiasmo per la riduzione del deficit al di sotto del 3 per cento ha contagiato un po’ tutti anche perché Giancarlo Giorgetti è un gigante rispetto alla Lilliput politica che lo circonda. Indubbiamente è un dato positivo rilevato anche sul piano internazionale e con uno spread rispetto ai bond tedeschi che si è ridotto a 65 punti base, un record che ridurrà la spesa per interessi che ha raggiunto in questi ultimi trent’anni la cifra “mostruosa” di oltre 3 mila miliardi (al 31 dicembre 1991 era di 839 miliardi di lire!). Piuttosto che imbarcarci sul giudizio su questa o quella normetta (la legge finanziaria ne è piena) la valutazione va fatta sull’impatto che questa legge in corso di approvazione ha sul terreno economico. E per capirne qualcosa in più basta osservare qual è il tasso di crescita che il governo si pone per il prossimo triennio, cioè il cosiddetto tasso di crescita programmatico.
Nessuno ne ha parlato probabilmente per distrazione mentre è la prima cosa da guardare nel giudizio di una legge di bilancio. Ebbene il governo prevede come obiettivi da raggiungere una crescita economica che nel 2026 dovrebbe essere dello 0,7 per cento, nel 2027 dello 0,8 per cento e nel 2028 dello 0,9 per cento. Molto al di sotto delle previsioni di crescita della media europea mentre quest’anno se tutto va bene la crescita arriva allo 0,4-0,5 per cento. Insomma un mezzo disastro per essere buoni, forti come siamo dello spirito natalizio. Di questa striminzita crescita posta addirittura come obiettivi da raggiungere bisognerebbe indignarsi con il rispetto dovuto all’amico Giorgetti, la prima vittima di un governo, diciamo, un po’ strambo. Siamo a Natale e le parole devono essere garbate. Ma con tutta la simpatia verso il ministro dell’Economia questa previsione di crescita triennale ci ricorda un vecchio pensiero che circolava tra gli studenti di medicina dinanzi ad interventi chirurgici innovativi e cioè “l’operazione è riuscita ma l’ammalato è morto”. Siamo al di sotto del 3 per cento di deficit ma il cavallo non beve per dirla in maniera meno irriverente e l’Italia continua nel declino economico che dura da moltissimo tempo. Se si va a vedere più da vicino si rileva che la spesa pubblica in conto capitale è di poco superiore nell’anno in corso al 3 per cento del prodotto interno lordo secondo le stime dell’ufficio parlamentare del bilancio. Quasi 2 punti in meno di quanto era negli anni ottanta quando si raggiungeva il 4-5 per cento del prodotto interno lordo.
Naturalmente le incertezze sul piano internazionale e la ridotta crescita della Germania incidono anche sulla nostra produzione manifatturiera ma proprio in questi casi andrebbe aumentata la spesa pubblica in conto capitale che a sua volta finirebbe per trascinare anche gli investimenti privati anch’essi in affanno. Immaginare però ancora un triennio di bassissima crescita non è una prospettiva accettabile e anche la riduzione del deficit al di sotto del 3 per cento finisce per essere svuotata di valore. La presidente del Consiglio dovrebbe mettere mano essa a questo grande problema che fa languire l’Italia agli ultimi posti dell’eurozona per tasso di crescita. Anche sul terreno dell’occupazione di cui spesso alcuni parlamentari si entusiasmano, va detta una parola chiara. Non credo si sia mai visto che un paese che non cresce aumenti l’occupazione. Non a caso dal 2023 ad oggi la pubblica amministrazione, ministeri, regioni e comuni, hanno assunto quasi 700 mila persone compensando così la bassa crescita economica.
Fatto positivo comunque ma che non rappresenta assolutamente il buon andamento di un paese che aumenta nel medio periodo la spesa corrente e deprime quella in conto capitale. L’auspicio è la speranza che con il nuovo anno la presidente del Consiglio metta in agenda una spinta propulsiva a che l’Italia possa riprendere un cammino di crescita e di sviluppo senza la quale quegli obiettivi a dir poco scandalosi della crescita triennale prevista dal governo siano ampiamente superati.
Caso Giorgetti e non solo