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l'intervento

L'edilizia che cambia. Tra modernizzazione delle regole e tutele precise

Carlo Sangalli

“La riforma del settore edilizio è necessaria, ma la semplificazione non diventi deregolamentazione”, dice Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio

La riforma del settore edilizio – di cui si discute in questi giorni sui media – è un passaggio necessario per modernizzare il paese. Confcommercio ne condivide l’obiettivo e ne riconosce l’urgenza. Tuttavia, ogni riforma che incide sulla vita dei residenti e sulle attività commerciali deve essere equilibrata. Per questo la semplificazione non può trasformarsi in deregolamentazione: perché le città sono sistemi delicati, e lo sono ancora di più in una fase in cui la desertificazione commerciale sta svuotando molti centri urbani. E’ dunque fondamentale che l’attuazione di alcuni princìpi sia accompagnata da precise garanzie, per evitare effetti collaterali negativi.

In particolare, nel Disegno di legge delega per il nuovo Codice dell’edilizia emerge il principio dell’“indifferenza funzionale” che merita una riflessione attenta. Consentire cambi di destinazione d’uso, anche ai piani terra, senza adeguate tutele rischia di accelerare la trasformazione dei negozi in abitazioni, affitti brevi o box auto. E questo proprio mentre migliaia di imprese di prossimità stanno pagando il prezzo di anni di crisi, con interi quartieri che vedono perdere il loro ruolo di presidi di socialità, sicurezza e servizio ai cittadini. Ricordo che tra il 2012 e il 2024 l’Italia ha visto scomparire complessivamente circa 140 mila imprese del commercio al dettaglio. Un trend che, senza nuove ed efficaci politiche di rigenerazione urbana e senza interventi per riutilizzare gli oltre 105 mila negozi sfitti, è destinato ad aggravarsi ulteriormente con la perdita, da qui al 2035, di altre 114 mila imprese. Insomma, in un futuro nemmeno troppo lontano, corriamo il serio rischio di avere vere e proprie città fantasma. Non possiamo dunque ignorare che una norma, apparentemente neutra, può produrre effetti profondi sul pluralismo distributivo e sugli strumenti di governo del territorio in mano ai Comuni: estendere quel principio a interi edifici potrebbe togliere, infatti, alle amministrazioni locali strumenti essenziali di governo del territorio, con impatti profondi sulle comunità e sulle attività già presenti.

La stessa prudenza è necessaria quando si parla di deroghe agli strumenti urbanistici per interventi di rigenerazione. Senza un serio confronto con il territorio, la rigenerazione rischia di aprire la strada a operazioni speculative che modificano interi quartieri senza rispetto per l’equilibrio urbano, economico e sociale.

Per evitare questo scenario, serve un atto di responsabilità collettiva: un patto fra istituzioni, imprese, comunità locali. Ed è su questa convinzione che Confcommercio ha costruito il progetto Cities con l’obiettivo di rafforzare le economie di prossimità e avere città che non siano solo semplici contenitori di abitazioni, ma comunità vivaci, attrattive, coese. Città in cui negozi, pubblici esercizi e servizi continuino a mantenere il loro ruolo: quello di un’infrastruttura sociale essenziale. Occorre, però, un approccio integrato: rigenerazione dello spazio urbano, riuso dei negozi sfitti, patti locali per offrire canoni calmierati o incentivi a nuove imprese, mobilità e logistica sostenibile, strumenti di urban analytics per pianificare la riqualificazione e monitorare i flussi, promuovere distretti del commercio, valorizzare la funzione sociale delle imprese locali.

E’ questa la visione che abbiamo portato anche alla nostra recente iniziativa a Bologna “inCittà, spazi che cambiano, economie urbane che crescono” dove, insieme ad amministratori, mondo accademico e imprese, abbiamo condiviso un messaggio chiaro: la rigenerazione urbana non è solo una questione edilizia, ma una sfida culturale ed economica che coinvolge comunità intere. Ogni bottega, ogni negozio, ogni servizio di prossimità è un presidio di comunità. E proprio perché il contesto cambia — con la digitalizzazione, con i nuovi modelli di consumo, con la globalizzazione e con le trasformazioni demografiche — è urgente reinventare questo ruolo, rendendolo sostenibile, moderno, integrato.

Per questo diciamo sì alla semplificazione e alla modernizzazione delle regole, ma chiediamo che siano accompagnate da tutele precise, capaci di preservare la vitalità economica e sociale dei territori. Le trasformazioni urbane vanno governate, non subite. Le città sono un bene comune da preservare per la qualità di vita dei residenti e l’attrattività per i turisti. Solo così potremo immaginare un’Italia che cresce senza perdere la propria anima.

Carlo Sangalli

presidente di Confcommercio

 

 

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