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Editoriali
La schizofrenia degli anti Fornero. Il governo archivia il suo populismo sulle pensioni e l'opposizione si indigna
Contrariamente alle promesse elettorali, il governo Meloni è quello che più di tutti i suoi predecessori ha portato rapidamente il sistema verso la piena applicazione della riforma Fornero. Il paradosso è che ora l’agenda populista sulle pensioni è in mano all’opposizione e alla Cgil
L’ultima polemica politica sulla manovra riguarda le pensioni. Mentre tutta la discussione degli ultimi mesi ha riguardato il blocco dell’adeguamento di tre mesi dei requisiti previdenziali all’aumento dell’aspettativa di vita, al Senato è arrivato un emendamento governativo che va in direzione opposta: lo spostamento in avanti di tre mesi per le pensioni anticipate attraverso l’allargamento della “finestra mobile” e il dimezzamento ai fini previdenziali del riscatto degli anni di laurea. Le due misure, che sono in realtà delle clausole di salvaguardia a copertura degli anni dal 2032 in poi, hanno suscitato le proteste delle opposizioni e anche all’interno della maggioranza, a partire dalla Lega.
La premier Giorgia Meloni ha rassicurato che nessuno perderà diritti acquisiti, che qualsiasi modifica dovrà valere solo per il futuro e che l’emendamento verrà corretto. Questa piccola bufera in un bicchiere d’acqua, però, è indicativa della politica sulle pensioni in questa legislatura. Contrariamente alle aspettative e alle promesse elettorali, in particolare di Matteo Salvini (“aboliremo la Fornero!”), il governo Meloni è quello che più di tutti i suoi predecessori ha portato rapidamente il sistema verso la piena applicazione della riforma Fornero. Sotto la guida del ministro Giancarlo Giorgetti, deciso a mettere a posto i conti pubblici, il centrodestra ha chiuso quasi totalmente i canali di pensione anticipata (Quota 103, Opzione donna, etc.) e ha tagliato l’indicizzazione piena delle pensioni più elevate recuperando circa 10 miliardi di euro su un triennio per finanziare il taglio del cuneo fiscale. Tre sono stati i criteri guida della politica economica: aggiustamento dei conti (discesa del deficit sotto il 3 per cento del pil), meno spesa per le pensioni (piena applicazione della Fornero) e meno tasse sul lavoro (decontribuzione). Il paradosso è che ora l’agenda populista sulle pensioni è in mano all’opposizione e alla Cgil, che protesta contro Meloni e Giorgetti perché non realizzano il programma di Salvini.