Ansa

Dolorosi compromessi

Gli industriali approvano gli incentivi, meno il no al Mercosur

Dario Di Vico

Con l'aggiunta di 3,5 miliardi alla legge di Bilancio, il ministro Giorgetti ha reso meno amare la mancata adesione all'accordo con il blocco commerciale sudamericano e un ennesimo rinvio del provvedimento ad hoc per ridurre la bolletta energetica delle aziende manifatturiere

Il ministro Giancarlo Giorgetti ha allargato in zona Cesarini i cordoni della borsa e ha aggiunto alla manovra di Bilancio 3,5 miliardi per la piena copertura delle prenotazioni delle imprese per usufruire di Transizione 5.0 e della Zes. Un rifinanziamento giudicato necessario dal presidente di Confindustria Emanuele Orsini e che dovrebbe servire anche per rendere meno amare un paio di pillole (di sapore meloniano) che gli industriali sono obbligati a ingoiare: la mancata adesione al Mercosur e un ennesimo rinvio dell’attesissimo provvedimento ad hoc per ridurre la bolletta energetica delle aziende manifatturiere. Dolorosi compromessi a parte, per una volta però politica ed economia reale sembrano quantomeno spingere dalla stessa parte perché i costruttori di macchine utensili e robot si attendono per il 2026 una crescita definita dagli stessi “moderata”. Se volessimo estendere questo giudizio e prendessimo gli ordini di macchinari come simbolo del ritmo degli investimenti dell’intera industria potremmo dire che in qualche modo la caduta della manifattura ha toccato il fondo in questi ultimi mesi del 2025 e per l’anno in divenire è destinata a risalire seppur lentamente. Infatti secondo i dati resi noti ieri da Ucimu-Confindustria le previsioni 2026 indicano un miglioramento del principali indicatori economici. “In particolare la produzione crescerà attestandosi a 6.590 milioni ovvero il 2,6 per cento in più dell’anno che sta per finire”.

 

 

Il risultato dovrebbe essere determinato sia dal ritorno in campo positivo delle esportazioni (+0,7 per cento) sia dall’incremento delle consegne sul mercato interno che cresceranno del 5,4 per cento rispetto al 2025, segnando così un significativo incremento della domanda interna. Sommate le notizie che vengono da Roma e le previsioni Ucimu dovremmo essere alle ultime battute di quello che è stato una sorta di sciopero degli investimenti che ha caratterizzato il 2025 (ed è stato giustificato dagli industriali con il flop di Transizione 5.0). Le imprese dovrebbero ricominciare a comprare tecnologia, a prendere i soldi dai conti correnti di parcheggio e installare nuovi sistemi di innovazione necessari per non perdere competitività. Il risultato dovrebbe essere che il valore complessivo del mercato italiano, incluse le importazioni, salga del 5,9 per cento.

 

Siccome il diavolo si nasconde nei dettagli (e per non ripetere gli errori già fatti) l’auspicio dei dirigenti dell’Ucimu è che gli incentivi in corso di definizione con la legge di Bilancio siano di “semplice utilizzo e rapida operatività”. Per funzionare, sostiene Riccardo Rosa presidente di Ucimu, il nuovo provvedimento deve prevedere poca burocrazia e deve essere a disposizione delle imprese già dalle prime settimane dell’anno nuovo. “Solo così una misura che sulla carta ci sembra valida potrà portare reali benefici al manifatturiero del paese”. E quindi accompagnare la “ripresina”. Rosa apprezza anche l’annuncio del governo di voler rendere pluriennali gli incentivi perché in questa maniera le aziende clienti possono pianificare gli acquisti e i costruttori organizzare la produzione delle loro imprese di taglia tutto sommato ridotta.

 

Se la domanda interna è attesa in risalita, sul terreno delle esportazioni la crisi dell’auto tedesca, le difficoltà nelle vendite negli Usa e la chiusura del mercato russo mettono però alla frusta le aspettative dei costruttori made in Italy di macchine utensili e robot. “Per tale ragione – aggiunge Rosa – desta sconforto leggere che l’Italia è tra i paesi che mettono in dubbio il prosieguo dell’iter dell’accordo Ue-Mercosur. Tornare sui propri passi, in un momento particolarmente delicato per il commercio internazionale, sarebbe un grave errore”. Ma è evidente che gli equilibri di governo oggi sono questi: si può toccare il perimetro della manovra per accontentare gli industriali ma nello stesso tempo non si possono deludere le organizzazioni degli agricoltori.

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