Foto di Rob Curran su Unsplash

L'editoriale del direttore

C'è un'Italia che non vogliamo vedere

Claudio Cerasa

Due paesi allo specchio. La prima esiste nella viralità, raccontata sui giornali e nei talk-show. La seconda, evocata dal Censis, sfida i luoghi comuni del catastrofismo. Ecco dove stare, dalla parte della realtà

C’è un’Italia che non ci stanchiamo di raccontare ed è l’Italia degli allarmi quotidiani e delle catastrofi soffocanti, un’Italia che i mezzi di informazione, attimo dopo attimo, vomitano addosso ai lettori ogni giorno, mossi dall’idea, la solita, che una cattiva notizia sia una notizia, mentre una buona notizia non lo sia. L’Italia dei delitti che riempiono le home page dei siti e dei disastri che monopolizzano i talk-show è un’Italia di cui riceviamo dettagli e notifiche a ogni ora del giorno. C’è poi un’altra Italia però che i riflettori spesso non riescono o non vogliono illuminare ed è un’Italia – quella evocata ieri dal Censis nella sua indagine di fine anno, nel passaggio in cui dice che “gli italiani non prendono alloggio nel Grand Hotel Abisso” – fatta di trend, di dati, di numeri, che rappresenta un pezzo di paese più reale rispetto all’Italia virale. L’immagine dell’Italia che non vogliamo vedere è stata fotografata giorni fa in un rapporto dell’Istat che, non a caso, non ha ricevuto alcuna attenzione.

                   

 

E’ un’Italia che sfugge agli stereotipi, ai pregiudizi, alla propaganda, alla retorica e che è stata descritta in un rapporto apparentemente anonimo, formato da tre lettere: Bes. Bes sta per Rapporto sul benessere equo e sostenibile, acronimo da latte alle ginocchia, dietro al quale però si nasconde un’Italia formidabile, che spesso non vogliamo vedere, immersi e persi nei pericolosi vortici del catastrofismo universale. Il dato del rapporto è clamoroso: gli italiani stanno sempre meglio. Lo si evince dal fatto che, tra gli indicatori per i quali è possibile fare un confronto con l’anno precedente, quelli che peggiorano sono il 26,3 per cento, quelli che migliorano sono il 34,3 per cento e quelli che risultano stabili sono il 39,4 per cento. Nel lungo periodo il quadro è ancora migliore: oltre la metà degli indicatori migliora (70 su 128), solo 16 peggiorano. Ma lo si può ricavare anche da altri dettagli, che facilmente si possono desumere dando uno sguardo a un documento formidabile che aiuta a smontare alcuni grandi luoghi comuni dell’Italia brutta, pericolosa, corrotta, insicura.

Abbiamo scelto qualche dato, senza volervi rimbambire di numeri. Primo dato. I furti in abitazione, nel 2024, sono stati subiti da 8,5 famiglie su mille: nel 2014 erano 16,3. Un crollo del 50 per cento in dieci anni. Secondo dato. Le emissioni di gas serra pro capite sono scese a 6,8 tonnellate nel 2023: erano 7,1 nel 2022, ed è il valore più basso dal 2008. Terzo dato. Uscite culturali, teatri, musei, concerti: nel 2024 il dato di partecipazione degli italiani è stato del 37,4 per cento, +5,8 rispetto al 2014. E’ il valore più alto degli ultimi dieci anni. Quarto dato. La speranza di vita sale a 83,4 anni (85,5 donne, 81,4 uomini), in aumento rispetto agli 82,6 del 2014. Gli italiani tornano a vivere più a lungo, sopra la media Ue. Quinto dato, clamoroso. Chi dichiara di arrivare a fine mese “con grande difficoltà” passa dal 17,9 per cento del 2014 al 5,8 del 2024: sono due terzi in meno. Sesto dato. Nel 2023 il tasso di omicidi è stato 0,58 ogni centomila abitanti, ben sotto lo 0,79 del 2014 e fra i valori più bassi dell’intera Unione europea. Anche la mortalità evitabile da cause violente diminuisce: l’Italia resta uno dei paesi più sicuri dell’occidente. Settimo dato. Nel 2024, il 46,3 per cento degli italiani dà alla propria vita un punteggio tra 8 e 10. Nel 2014 erano il 35,4. Contestualmente, la quota di chi è insoddisfatto e non vede miglioramenti futuri scende dal 15 per cento del 2014 al 10,3 per cento nel 2024.

E ancora: gli ottimisti aumentano dal 27,1 al 30,9 per cento in dieci anni. Anche dopo pandemia e crisi energetica, un terzo degli italiani crede che la propria vita migliorerà nei prossimi cinque anni. Chi compulsa ogni giorno i dati per cercare le differenze tra l’Italia reale e quella percepita non avrà difficoltà a riconoscersi nell’Italia raccontata dall’Istat, che è la stessa Italia che ci dice, per esempio, che i posti di lavoro sono a un livello altissimo, non erano mai stati così alti, e che l’aumento del lavoro è trainato dai contratti a tempo indeterminato, saliti dal 39,8 al 41,2 per cento, con i contratti a tempo determinato che calano; ed è la stessa Italia che ci dice, per esempio, che i femminicidi, pur restando un’emergenza grave, sono in calo, e che nei primi nove mesi del 2025 le donne uccise scendono da 91 a 73 (-20 per cento), che gli omicidi in ambito famigliare/affettivo sono passati da 79 a 60 (-24 per cento), e che quelli commessi da partner o ex partner sono passati da 48 a 44 (-8 per cento). C’è un’Italia delle percezioni che vediamo raccontata ogni giorno sulle prime pagine dei giornali e nelle tribune di alcuni talk-show e c’è poi un’Italia dei dati reali che viene sistematicamente ignorata dall’opinione pubblica, dal dibattito politico, dalla quotidianità. La prima Italia è un’Italia che esiste nella viralità. La seconda è un’Italia che esiste nella realtà. La prima Italia è facile da raccontare: conferma i pregiudizi. La seconda Italia è difficile da raccontare: sfida i luoghi comuni. Chi vuole tentare di sfidare l’industria del catastrofismo non dovrebbe avere grandi difficoltà a scegliere, come noi, da che parte stare: dalla parte della realtà, lontani dal Grand Hotel Abisso

Di più su questi argomenti:
  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.