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Editoriali

L'Ocse spiega che la crescita italiana va male anche a causa delle regole non chiare

Redazione

Nonostante un quadro economico del paese che “deve mantenere il percorso di consolidamento delle finanze pubbliche”, l'organizzazione internazionale taglia la sua previsione da 0,6 a 0,5 per cento: il fattore che ci frena è la giungla di norme che ha bruciato il 3 per cento del pil pro capite in 20 anni

L’Italia avrà una crescita “modesta” quest’anno secondo l’Ocse che taglia la sua previsione da 0,6 a 0,5 per cento mentre alza la stima per l’Eurozona a più 1,3 per cento. La situazione migliora solo un po’ nel 2026 e nel 2027 (più 0,6 e più 0,7 per cento). Per l’istituzione economica c’è un fattore in particolare che frena lo sviluppo dell’Italia: la giungla di norme (compresa la crescente complessità dei testi giuridici) che ha bruciato il 3 per cento del pil pro capite in 20 anni. Una sottolineatura inusuale all’interno di un’analisi del quadro economico del paese che “deve mantenere il percorso di consolidamento delle finanze pubbliche” così come sta facendo ma allo stesso tempo deve promuovere più riforme strutturali per potenziare il suo tasso di crescita.

 

Per l’Ocse, il deficit pubblico dell’Italia scenderà sotto la soglia del 3 per cento già quest’anno, grazie anche alle maggiori entrate tributarie (Irpef e contributi previdenziali) dovute alla forza del mercato del lavoro a una spesa minore del previsto per gli incentivi all’edilizia. Ma il debito pubblico rispetto al pil salirà al 137,7 per cento nel 2026 dal 136,2 per cento attuale. La ricetta raccomandata dall’Ocse per incentivare la crescita si basa su un mix di fattori compresa la capacità di affrontare il problema dell’invecchiamento della popolazione che vuol dire anche utilizzare al massimo la capacità della popolazione attiva. Per aumentare le entrate dello stato, invece, è necessario “migliorare la capacità di riscossione spostando il carico fiscale dal lavoro verso la proprietà immobiliare”. Inoltre, garantire che i grandi nuovi investimenti pubblici siano sottoposti a una “progettazione solida”, a valutazione costi benefici e a procedure di aggiudicazione dei contratti rigorose può contribuire a migliorare ulteriormente le infrastrutture pubbliche “oltre il Pnrr”. Infine, “regole più chiare e meno suscettibili a ricorsi giudiziari migliorerebbero l’applicazione delle normative e la certezza per gli investitori”. Consigli su cui varrebbe la pena meditare.

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