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editoriali
La sferzata delle banche sulle richieste di contributo da parte del governo
I più importanti banchieri italiani cominciano a rumoreggiare chiedendo "più rispetto per le banche" o rispedendo al mittente le accuse di rappresentare una minaccia per la sicurezza nazionale. Segnali che sta a Palazzo Chigi e al Mef non ingnorare
Arriva sempre il momento in cui in un paese si può misurare lo stato dei rapporti tra il governo e il sistema bancario. E l’intervista al Sole 24 Ore di Carlo Messina, ceo di Intesa Sanpaolo, e l’audizione di Andrea Orcel, numero uno di Unicredit, davanti alla commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche, danno l’impressione che la temperatura stia salendo in una relazione a due facce. Se Messina, come ha fatto altre volte, ha lodato “l’ottimo lavoro svolto da Giorgia Meloni sui conti pubblici” (da notarsi il riferimento diretto alla premier), ma, per la prima, volta ha chiesto “più rispetto per le banche” e rivendicato il ruolo di “pilastro” del paese (“senza banche e assicurazioni nel finanziare il debito, lo stato italiano si troverebbe in situazioni molto più complesse”). Se Orcel restituisce al mittente l’accusa di rappresentare una minaccia per la sicurezza nazionale (la ragione per cui il governo ha fatto ricorso al golden power per bloccare l’operazione su Banco Bpm), e dice che il legame con l’Italia “non deve diventare un limite”, ma soprattutto, ricorda che Unicredit è la prima detentrice di debito pubblico (40 miliardi di btp). Se due tra i più importanti banchieri del paese dicono cose molto simili, mentre solo pochi mesi fa Messina rimproverava (amichevolmente) Orcel di non essersi accorto del “mondo nuovo” (riferendosi al ritorno del ruolo dello stato nella definizione degli assetti bancari), è un segnale da non sottovalutare. Potrebbe volere dire che sul compiacimento per la stabilità politica e la tenuta dei conti pubblici sta prevalendo lo stupore, se non la contrarietà, per le continue e pressanti richieste di contributo accompagnate da una critica strisciante: fate troppi soldi e dovete tirarne fuori un po’ e poi ancora un po’ (due aumenti dell’Irap per fare quadrare la manovra economica). Potrebbe anche volere dire che la regia politica del risiko bancario rischia di essere un ostacolo e non un incentivo alla crescita del sistema. Sta a Palazzo Chigi e al Mef mettersi in ascolto oppure ignorare tali segnali.