Ansa

questione di golden power

Chi è Albuquerque, l'anti Meloni che colpisce la politica bancaria del Mef

Mariarosaria Marchesano

Nominata commissaria per i servizi finanziari da parte di Ursula von der Leyen, l'ex ministro delle Finanze portoghese, socialdemocratica, si è battuta per mesi per mettere in mora l'Italia, primo passo per l’avvio della procedura d’infrazione. Palazzo Chigi nel frattempo ha scelto una linea soft evitando frizioni con l'Ue 

Il governo guidato da Giorgia Meloni ha trovato nella commissaria europea, la socialdemocratica Maria Luís Albuquerque, un’interlocutrice decisa, come forse non si aspettava, sulla questione Golden power. È stata lei a battersi per l’invio della lettera di messa in mora per l’Italia, primo passo per l’avvio della procedura d’infrazione visto che sette mesi di scambi di vedute tra Roma e Bruxelles non hanno prodotto risultati. Albuquerque è nota per avere contribuito a risanare i conti pubblici del Portogallo, quand’era ministro delle Finanze e il paese cercava di uscire dalla crisi del debito sovrano. Le sue politiche di austerità le valsero l’accusa delle opposizioni di essere una agente della Troika. Così, quando lo scorso anno la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, l’ha nominata commissaria per i servizi finanziari e l’unione dei risparmi e degli investimenti, con l’imput di attuare le agende di Mario Draghi ed Enrico Letta, qualcuno ha pensato che fosse la persona giusta per imprimere una svolta all’Unione sul piano della competitività finanziaria.

Cinquantotto anni e una carriera manageriale alle spalle, oltre che numerosi incarichi ai vertici delle istituzioni europee, Albuquerque non vuole deludere le aspettative e sta provando a contrastare le tentazioni sovraniste degli stati che frenano il percorso verso l’Unione bancaria e il mercato unico dei capitali. Schierata con il centrodestra del Ppe, ha fama di grande competenza nel mondo bancario. Uno dei primi dossier che ha preso in mano quando si è insediata a Bruxelles è stato la mancata acquisizione di Banco Bpm da parte di Unicredit, a causa della contrarietà del governo italiano che ha fatto ricorso al Golden power pur trattandosi di un’operazione domestica. Un caso molto simile a quello che si stava verificando in Spagna, sotto il governo del socialista Pedro Sánchez, tra Bbva e Banco Sabadell. Posizioni inconciliabili con la visione di Albuquerque di un rafforzamento finanziario dell’Europa che travalica i confini nazionali.

Così, Madrid è stata messa in mora dalla Commissione europea lo scorso luglio e ora è arrivato il turno di Roma, anche se non è mancato un tocco diplomatico. Un portavoce della Commissione Ue ha dichiarato, infatti, che la procedura “non riguarda un caso specifico ma la congruità della legislazione vigente in Italia”. Una precisazione che ha dato la possibilità al ministro Giancarlo Giorgetti di replicare che il governo “farà una proposta per superare le obiezioni”, ricordando che la norma sulle scalate ostili è stata riformata nel 2022 con il governo Draghi. Come per dire, non l’abbiamo fatta noi e adesso cercheremo di rimediare.

Da parte della Commissione, evitare di citare la mancata aggregazione bancaria domestica come la ragione della messa in mora è stato letto da alcuni come un riguardo nei confronti dell’Italia, un modo per non incrinare i buoni rapporti tra la presidente Ursula von der Leyen e la premier Meloni. Pugno di ferro e guanto di velluto. In realtà, le burocrazie europee a volte si sovrappongono, contribuendo a rendere il quadro poco lineare. Esiste un’altra lettera dello scorso luglio quando, nel pieno del tentativo di acquisizione da parte di Unicredit della banca milanese, la Dg comp contestava con particolare durezza i paletti opposti dal governo italiano a Unicredit per l’acquisizione di Bpm sulla base dell’articolo 21 del regolamento Ue sulle concentrazioni. Ma di quella missiva non si sa più nulla.

A ogni modo, Palazzo Chigi ha scelto una linea molto soft evitando, dal canto suo, frizioni con l’Ue e così sarebbe già allo studio un decreto, o un emendamento alla manovra economica, per dare un segnale di allineamento. D’altronde, motivi per preoccuparsi del destino di Bpm, banca che sta molto a cuore ad alcune forze della maggioranza, non dovrebbero essercene più dopo che l’ad di Unicredit, Andrea Orcel, ha dichiarato di averci messo una pietra sopra. Com’era prevedibile, la mossa di Bruxelles ha scatenato le opposizioni, che vi hanno letto una sconfessione a tutto campo della linea del governo che avrebbe cercato di pilotare le dinamiche del sistema bancario, ma ha anche fornito l’assist a Forza Italia per ricordare agli alleati di Lega e Fratelli d’Italia la sua posizione scettica fin dal principio sull’uso del Golden power nell’offerta di Unicredit su Banco Bpm.