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Lo Studio
La ricetta dell'Istituto Bruno Leoni su digitalizzazione e competitività per le pmi
Il ritorno all'iperammortamento in stile Industria 4.0 è un buon passo, ma da solo non basta. Il report dell'I.B.L. prende spunto dalle politiche di Francia, Spagna e Portogallo e suggerisce all'Italia di allocare almeno una parte delle risorse per meccanismi facilmente fruibili, per esempio in forma di voucher per strumenti digitali
Dopo il flop e i problemi di gestione di Transizione 5.0, il governo è tornato all’usato sicuro: l’iperammortamento, modello Industria 4.0. Si tratta di uno strumento consolidato e ben oliato, che consentirà verosimilmente di far arrivare ad alcune imprese l’aiuto di cui hanno bisogno. Non è detto, però, che riesca a intercettare le esigenze di quella fascia di imprese di più piccola dimensione e, magari, non attive nel settore dei servizi, per le quali l’acquisto di macchinari – per quanto avveniristici – non è una risposta al problema della produttività. Inoltre, poiché si tratta di un meccanismo più conveniente per le aziende che fanno utili, rischia di non essere concretamente fruibile proprio da coloro che più ne avrebbero bisogno, perché anche per effetto di un basso grado di digitalizzazione arrancano sul sentiero della competitività. Per queste è necessario uno strumento ad hoc.
Uno studio dell’Istituto Bruno Leoni, che il Foglio è in grado di anticipare, prende spunto dalle politiche per la digitalizzazione in altri paesi europei (Francia, Spagna e Portogallo) per dedurne alcune lezioni utili all’Italia.
“La strategia francese per realizzare la digitalizzazione delle pmi – scrive l’autrice, Claudia Marchese – appare caratterizzata da tre aspetti chiave: l’accessibilità dell’informazione, l’individualizzazione, l’accompagnamento. La centralità dell’informazione appare evidente considerando il ruolo della piattaforma France Num all’interno della strategia francese”. In Spagna, “il Kit Digital prevede l’erogazione alle microimprese, alle pmi e anche ai lavoratori autonomi di aiuti diretti, per un importo complessivo fino a 29 mila euro, per il consumo di pacchetti digitali basici. Il sostegno al consumo di pacchetti digitali opera secondo i meccanismi del rimborso: l’impresa per ottenere il pagamento di un primo importo pari al 70 per cento della somma spesa deve dimostrare di aver implementato i servizi digitali, trascorso un anno deve invece dimostrare l’utilizzo continuativo del software al fine di ottenere l’erogazione del restante 30 per cento”. Infine, in Portogallo “all’interno del Plano de Acăo para a Transicăo Digital do Portugal è interessante notare la previsione di forme di finanziamento della transizione digitale delle pmi fondate sui meccanismi della condizionalità: in particolare, si prevede l’erogazione dei finanziamenti a sostegno della transizione digitale in base ai risultati ottenuti”.
La digitalizzazione e la deregulation si stanno imponendo a livello globale, in vari contesti e declinato secondo diverse sensibilità politiche, come una leva fondamentale per rilanciare la crescita economica. Il caso dell’Argentina è l’esempio più dirompente: il governo di Javier Milei, attraverso il lavoro del ministro della Desregulación y Transformación del Estado Federico Sturzenegger ha indicato nella digitalizzazione e nell’eliminazione della burocrazia la principale poltica industriale a favore delle pmi. Negli Stati Uniti, oltre alla deregulation di Donald Trump, anche nel mondo democratico punta a smantellare i lacci regolatori per liberare la crescita (il libro “Abundance” di Ezra Klein e Derek Thompson è stato un caso editoriale). Lo stesso Mario Draghi, nel suo rapporto sulla competitività, va nella stessa direzione.
I programmi dei paesi europei considerati dall’Istituto Bruno Leoni hanno alcuni elementi comuni: la focalizzazione sulle pmi, la natura orizzontale delle agevolazioni, senza distinguere tra hardware e software, la dimensione modesta degli incentivi e la loro disponibilità nel tempo. Il paper, quindi, suggerisce di allocare almeno una parte delle risorse per disegnare meccanismi facilmente fruibili, per esempio in forma di voucher per la digitalizzazione, valorizzandone la promozione e la diffusione anche attraverso professionisti e consulenti per la digitalizzazione delle imprese. L’uso delle risorse pubbliche è giustificato solo se può produrre effettivamente investimenti addizionali e se questi sono collegati alla produttività delle imprese: non bisogna indirizzarne le scelte tecnologiche, ma spingerle a trovare, ciascuna secondo le sue caratteristiche, gli strumenti per guadagnare quote di mercato e redditività.
Il “sesto dominio”