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L'analisi
Contro l'evasione la digitalizzazione fa più della repressione
A parità di miliardi evasi, il peso dell’evasione sul gettito potenziale si è ridotto di un terzo in vent’anni: merito soprattutto della digitalizzazione fiscale, con l’Italia unica in Europa a misurare e pubblicare in modo sistematico i propri dati
Nell’imminenza della crisi finanziaria del 2007, il mancato rispetto dell’obbligo fiscale legato alle quattro principali imposte coinvolte (Irpef relativa al lavoro autonomo e al reddito di impresa Ires, Iva e Irap) costò all’erario poco più di 80 miliardi di euro. Solo qualche centinaio di milioni in più di quanto registrato per quelle stesse imposte nel 2022 (ultimo anno disponibile). Ipotizzando che il peso delle altre voci (Irpef relativa al lavoro dipendente, addizionali Irpef, imposte sulle locazioni, imposte locali, accise, canoni e contributi sociali) sia rimasto più o meno costante nel tempo, si arriva rapidamente alla conclusione che il mancato gettito legato a fenomeni di evasione era pari a 100 miliardi circa nel 2007 così come 15 anni dopo. Il che ha portato più di un frettoloso commentatore a concludere che tutto, su questo fronte, è rimasto immutato e che la montagna da scalare sia rimasta esattamente la stessa.
Frettoloso, si è detto, perché è difficile non vedere che fra il 2007 e il 2022 l’indice dei prezzi al consumo è aumentato di poco più del 40 per cento e che il pil nominale (una buona approssimazione del gettito potenzialmente raggiungibile e cioè della cosiddetta imposta potenziale) è aumentato del 40 per cento circa. Non a caso, infatti, il rapporto fra imposta evasa e imposta potenziale si è ridotto, negli ultimi vent’anni, in misura significativa: per la precisione di circa un terzo rispetto al picco del 2004. Minore, certamente, per l’Irpef e maggiore per Ires, Iva e Irap.
Piuttosto, quindi, che sostenere una tesi insostenibile, i nostri frettolosi commentatori farebbero meglio a domandarsi cosa ha reso possibile un’evoluzione certamente rimarchevole come quella appena descritta.
L’edizione 2025 della Relazione sull’economia non osservata e l’evasione fiscale (disponibile sul sito del Mef) conferma – non solo per l’Italia ma per l’intera Unione europea, con riferimento alla sola Iva – quanto già ipotizzato da molti e, in particolare, dalla Commissione europea: i processi di digitalizzazione hanno, con ogni probabilità, giocato – e giocano tuttora – un ruolo molto rilevante nel contrasto ai fenomeni di evasione. Non solo hanno indotto una crescente compliance, ma lo hanno fatto in misura maggiore nei casi caratterizzati da un minore rispetto delle regole fiscali (il che implica che l’Italia dovrebbe averne beneficiato più di altri). E ciò non sarebbe solo la conseguenza del flusso informativo a essi conseguente ma anche, se non soprattutto, del loro valore segnaletico. Il cosiddetto digital reporting fiscale – di cui la fatturazione elettronica rappresenta forse l’esempio più noto – accresce la consapevolezza da parte del contribuente circa le attività dell’Amministrazione e circa le conseguenze di un mancato rispetto dell’obbligo fiscale.
Quel che è ancora più interessante è che siamo ben lontani dall’aver visto la fine di un’onda tecnologica in essere ormai da tempo. L’intelligenza artificiale (di cui, sinteticamente, si parla nella edizione 2024 della Relazione) lascia immaginare ulteriori e promettenti sviluppi. Certo, ogni politica di prevenzione e contrasto dell’evasione non potrà mai prescindere da una componente di deterrenza, ma quanto appena detto a proposito dei processi di digitalizzazione suggerisce che una ben disegnata attività di digital reporting possa essere infinitamente più efficace di un atteggiamento punitivo spesso fine a sé stesso, essendo di per sé una fonte di deterrenza.
Una regola aurea del giornalismo sottolinea come un cane che morde l’uomo (l’evasione che si riduce) non faccia notizia, mentre notizia la fa – eccome – l’uomo che morde il cane. Se si vuole, nell’edizione 2025 della Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale si trova anche questa possibilità. Che ci crediate o meno, l’Italia è l’unico paese nell’Unione europea che raccoglie e rende pubblici i dati sull’evasione fiscale e contributiva (la Commissione Ue si limita a raccogliere e pubblicare i dati relativi all’Iva e il Regno Unito, com’è noto, è ormai altrove). Sarebbe bello se, ogni tanto, liberandosi da quella che appare come una nebbia ideologica, i nostri frettolosi commentatori lo ricordassero.
Riccardo Puglisi e Giovanni Tria sono membri e Nicola Rossi è presidente della Commissione per l’economia non osservata e l’evasione fiscale e contributiva. Le loro opinioni non impegnano la Commissione.