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economia dei rifiuti

Il riciclo della plastica si ferma: impianti chiusi in tutta Italia. Gli imprenditori chiedono aiuto al governo

Riccardo Carlino

Il fatturato del settore è in calo da anni a causa della concorrenza aggressiva delle plastiche non riciclate, importate da paesi terzi. L'allarme di Assorimap e il rischio dei cassonetti stracolmi: “Continuare a produrre con perdite insostenibili è ormai impossibile”

Il riciclo della plastica si è bloccato. “Siamo costretti a fermarci finché il governo non interviene sulla crisi. Continuare a produrre con perdite insostenibili è ormai impossibile”, ha spiegato in una nota Walter Regis, presidente di Assorimap – l’associazione nazionale dei riciclatori e rigeneratori di materie plastiche – annunciando da ieri lo stop degli impianti dovuto alle "mancate misure urgenti per salvare il comparto”.  Come si nota nel grafico qui sotto, si tratta complessivamente di 86 riciclatori meccanici dislocati in tutta Italia, con prevalenza nelle regioni del nord (che ne conta 64), ma anche quelle del sud e le isole, con 20 impianti.

 

                   

 

L’industria privata del riciclo delle materie plastiche in Italia versa da anni in una profonda crisi strutturale. Quest'anno si prevede un completo azzeramento del fatturato, secondo i dati di Assorimap. Ma i problemi iniziano prima: dopo una brusca contrazione del fatturato (-28 per cento) registrata nel 2023 con 698,64 milioni di euro, già nel 2024 il comparto ha perso un ulteriore 0,8 per cento, attestandosi a poco più di 690 milioni di euro. A partire dal 2021, inoltre, gli utili di esercizio sono crollati dell'87 per cento, passando da 150 milioni di euro a soli 7 milioni nel 2023. 

Alla base dei bilanci in rosso, il settore lamenta la progressiva riduzione dei prezzi di vendita dei riciclati prodotti in Italia dovuto alla concorrenza aggressiva della plastica vergine – prodotta direttamente da idrocarburi – importata principalmente da estremo oriente, Stati Uniti e Nord Africa. I prezzi di questi prodotti, ha sottolineato Assorimap nel suo ultimo report annuale, oscillano stabilmente al di sotto di quelli europei. Di conseguenza, la domanda nazionale ed estera è sempre più attratta da tipologie di plastiche a prezzi stracciati, extra Ue e con impatti ambientali ben più alti di quelle riciclate.

L’intervento della politica a supporto del settore non ha prodotto i risultati sperati. Ai due incontri tenuti a ottobre al ministero dell’Ambiente e poi a quello del Made in Italy, conclusi in un nulla di fatto per l’associazione, se ne sarebbe dovuto aggiungere un terzo, promesso per i primi di novembre e convocato ieri dal ministero di Gilberto Pichetto Fratin dopo l'annuncio della chiusura degli impianti. A preoccupare sono i cassonetti della plastica strabordanti che ci saranno senza un passo indietro. “I piazzali dei centri di stoccaggio e di selezione sono già stracarichi e ai limiti autorizzativi previsti – ha spiegato Regis – Se noi riciclatori smettiamo del tutto di processare i lotti, il sistema di selezione si bloccherà nel giro di qualche settimana”, paralizzando del tutto la gestione nazionale della raccolta differenziata. 

Il comparto italiano ha il fiato corto, ma il resto dell’Europa non se la passa meglio. Secondo gli ultimi dati diffusi da Plastics Recyclers Europe, organizzazione che rappresenta i riciclatori di plastica europei, solamente tra gennaio e luglio di quest'anno l'industria ha perso una capacità di riciclo pericolosamente simile a quella registrata in tutto il 2024. E a poche settimane dall'anno nuovo, quello in corso è già previsto come a “crescita zero” per il comparto sul fronte della capacità installata, già aggravata dalle difficoltà burocratiche legate all’ottenimento e al rinnovo delle autorizzazioni, oltre che dalla chiusura di circa 40 impianti dal 2023, soprattutto nel Regno Unito e nei Paesi Bassi.

Qualche idea per evitare il collasso c’è. Per Assorimap serve anticipare al 2027 l’obbligatorietà del contenuto di plastica riciclata negli imballaggi, attualmente fissato al 2030 dal regolamento europeo sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio. Fra le altre proposte spunta quella del riconoscimento di crediti di carbonio a coloro che producono materie prime secondarie, accompagnato da maggiori controlli sulla tracciabilità delle importazioni (oggi compromessa dalla assenza di codici doganali specifici per i riciclati) e sanzioni efficaci per i trasgressori. Si avanza infine l’ipotesi di estendere a chi utilizza materia riciclata i certificati bianchi, ossia quei titoli negoziabili che certificano il conseguimento di risparmi negli usi finali di energia e importante meccanismo di incentivazione dell'efficienza energetica nell’industria. Le proposte ci sono, anche se finora è mancata un’iniziativa concreta sia dai ministeri competenti che dalla Commissione europea, a cui Assorimap e altre 27 associazioni di categoria hanno mandato una lettera congiunta a inizio settembre, chiedendo misure urgenti per un mercato circolare equo. Appelli nel vuoto, dossier nell’indifferenziata. E una filiera strategica che ferma le sue macchine.