Foto: Ansa. 

Il ruolo europeo

L'Ue ha accettato di essere il principale supporto finanziario dell' Ucraina. Parla Véron

Davide Mattone

Alla domanda "chi sosterrà eventuali deficit di finanziamento ucraini?" la risposta per l'economista francese Nicolas Véron è chiara: "L'Unione Europea". Gli interrogativi restano dunque sul "come", e il dibattito attuale coinvolge i reparation loans "collateralizzati" dai fondi russi congelati

 “C’é l’esigenza di tenere in vita l’Ucraina, che ha un gap di finanziamento sul Bilancio 2026 di 60 miliardi (di dollari, dalle stime del Fondo monetario internazionale ndr), almeno” –  ha detto il ministro per l’Economia e le Finanze Giancarlo Giorgetti, a margine del Cdm che ha approvato la manovra per il 2026. Poi  ha suggerito: “Ho l’impressione che gli americani non siano convinti di contribuire. Quindi fate voi i conti a chi tocca provvedere”. 


Per Nicolas Véron, senior fellow al Brugel e al Peterson Institute for International Economics, la risposta è netta: “Saranno gli europei, è chiaro”. E questo negli ultimi 12 mesi è apparso evidente per l’economista: “Sicuramente c’è spazio anche per il supporto da parte di Regno Unito, Canada, Norvegia e Giappone – dice Véron al Foglio –  ma è l’Ue la garanzia finanziaria e l’attore impegnato in primo piano per assicurare la continuità del sostegno all’Ucraina”. Infatti, per l’esperto, il dibattito non dovrebbe basarsi troppo sulle stime del Fondo monetario: “Sono discussioni teoriche e inoltre bisogna tenere a mente che il Fmi ha soprattutto un ruolo non finanziario, ma che riguarda più l’abilità di fornire punti di vista neutrali”. Poi  chiarisce: “Questi calcoli sul gap di finanziamento si basano sull’assunto che la guerra finisca l’anno prossimo. Sono ipotesi coraggiose, se non discutibili”. 


 Véron prosegue spiegando che a crescere non sono le spese civili, relativamente stabili, bensì i costi legati alla guerra. Per questo aggiunge: “Il Fmi non avrà un ruolo centrale, in quanto non finanzia le spese di guerra”.  E non saranno nemmeno gli americani a coprire l’extra deficit ucraino: “Gli Stati Uniti hanno fatto un passo indietro sui finanziamenti all’Ucraina  prima dell’elezione di Trump. Il Congresso aveva già chiarito che non voleva continuare a fornire soldi all’Ucraina. Trump ha solo accelerato questo processo”. Véron poi puntualizza: “I finanziamenti americani all’Ucraina non sono economici ma riguardano le forniture militari, che sono comunque pagate dagli europei”.  


L’Unione europea, per Véron, ha accettato il fardello di supportare economicamente la guerra ucraina, prendendo atto del ripiegamento statunitense.  La domanda diventa  allora: qual è il miglior modo per l’Europa per continuare a sostenere Kyiv?  “E’ per questo che si stanno discutendo adesso i reparation loans (prestito per riparazioni, ndr)”. Si tratta di prestiti a tasso zero per 180 miliardi di euro, garantiti dagli stati membri dell’Unione, e collateralizzati dagli equivalenti beni russi congelati presso la banca Euroclear con sede a Bruxelles. Di questi, circa 45 verranno usati per il programma di sostegno finanziario all’Ucraina “Era”. Per Véron non si tratta di un modo per evitare di stanziare denaro direttamente, ma del modo più intelligente per sostenere l’alleato.  


Secondo l’economista, senza questo meccanismo di sostegno finanziario, l’ Europa dovrebbe cercare un’altra via: “E’ chiaro anche dal punto di vista comunicativo, come ha chiarito anche  la presidenza danese, che guidava il Consiglio prima dell’Ungheria: anche se non si procedesse con i reparation loans, l’Ue dovrebbe trovare un altro modo per  far sì che l’Ucraina riesca a difendersi. Se Kyiv perdesse la guerra, allora il conflitto si avvicinerebbe all’Ue. E le spese sarebbero molto più grandi”. Sta qui  la differenza tra l’Unione europea e gli Stati Uniti: “Non è questione solo economica. Il valore della sicurezza rispetto al sostegno finanziario è molto più importante per l’Europa”. 


Dunque, eventuali gap di finanziamento per il bilancio ucraino, come i 60 miliardi citati da Giorgetti, potranno venire dai reparation loans, nel caso in cui verranno approvati. Ma per Vèron la discussione che non sta tanto affiorando nel dibattito pubblico è quanto invece dureranno questi soldi dato lo stato attuale della guerra: “Un anno, due anni, tre anni? E’ per questo che l’Ue vuole prima confermare il meccanismo dei prestiti, e poi come saranno eventualmente utilizzati. Data la complessità della situazione, e il ruolo centrale, questa è probabilmente la via migliore”. 


La domanda non è più “chi” sosterrà l’Ucraina, ma “come” farlo senza improvvisare. Un’architettura di prestiti garantiti potrà infatti coprire il fabbisogno e difendere la credibilità europea.
 

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