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Legge di Bilancio
Otto miliardi in tre anni: il passo corto del governo sull'industria
Secondo il presidente dell'Unione industriali Torino, Marco Gay, l'industria rappresenta il “cuore dell’economia”: vale 510 miliardi, il 23,4 per cento di pil. La manvora annunciata da Meloni destina però solo 8 miliardi alle imprese nel triennio: un terzo di quanto richiesto da Confindustria
Ieri la premier Giorgia Meloni, a margine del Consiglio dei ministri che ha approvato la nuova legge di Bilancio, ha annunciato che la manovra destina 8 miliardi di euro alle imprese. La cifra non è casuale: sembra esattamente quella richiesta dalla Confindustria, ma in realtà è molto inferiore. Nel “Piano straordinario per l’industria” consegnato al governo, gli industriali avevano invocato una strategia da 8 miliardi l’anno per un triennio (quindi 24 miliardi complessivi) per rilanciare investimenti e competitività. Il triplo di quanto stanziato dal governo (8 miliardi su un triennio). Del resto, il precedente Piano Transizione 4.0 nel triennio 2020-2022 aveva mobilitato risorse sull’ordine di 29 miliardi. Anche perchè, come già raccontato dal Foglio, il governo si sta avvalento di una quota di risorse “liberate” per la rimodulazione del Pnrr. Questa riprogrammazione, che ha generato scetticismo, coprirà la manovra con circa 5 miliardi dirottati da progetti cancellati o in ritardo. A riguardo, il ministro Giancarlo Giorgetti ha spiegato in conferenza stampa che quei soldi sono comunque un prestito e che l’unica differenza l’uso dei fondi Pnrr e l’emissione dei Btp, è che la prima ipotesi è un po’ meno onerosa.
C’è pero altro da aggiungere. Meloni, nella medesima conferenza stampa, ha rivendicato l’operato dell’esecutivo sul fronte industriale ricordando: “Avevamo affiancato Transizione 5.0 con 6,3 di euro di risorse”. Tuttavia, parte di quei fondi è stata nel frattempo riassegnata, tra le altre cose, come copertura di questa manovora. La manovra per il 2026 finanzia infatti una misura per le imprese in stile Industria 4.0: il ripristino del superammortamento, il maxi sconto per chi investe in beni strumentali nuovi. Meloni ha definito questo intervento un “sforzo significativo” e ha aperto alla possibilità di aumentare le risorse disponibili. Emergono però due due criticità riguardo al superammortamento, pur trattandosi di uno strumento positivo. In primo luogo, come sottolineato, il governo rivendica uno sforzo per le imprese attingendo agli stessi fondi che erano già stati “promessi” a queste. In secondo luogo, così come appare adesso, sembra riguardare solo beni materiali. E dunque potrebbe non coprire tutti quegli investimenti “virtuosi” che ricadono nel dominio dell’innovazione, e che incidono pesantemente sulla competitività produttiva. “Il n’y a pas d’innovation” nel super ammortamento, direbbe il neo Nobel Philippe Aghion, esattamente come ha fatto riguardo la “tassa Zucman” che danneggerebbe quelle start up che ancora non producono utili.
Non è un caso dunque che Aghion sia stato citato proprio ieri da Marco Gay durante l’Assemblea dell’Unione industriali Torino, di cui è presidente: “Aghion ha lavorato ampiamente a quel Rapporto Draghi – sulla competitività europea e l’economia di scala –. Basterebbe questo a confermarci che senza innovazione non possiamo crescere”. Per Gay lo sforzo del governo nei confronti delle imprese non basta. Perchè l’industria rappresenta il “cuore dell’economia”: vale 510 miliardi, il 23,4 per cento di pil. “Le risorse per imprese e competitività sono poche, direi pochissime. Appena lo 0,3 per cento del pil su tre anni” sottolinea il presidente degli industriali torinesi nel suo discorso.
Il governo è consapevole dei rischi per l’economia italiana. Lo si evince chiaramente dal Documento programmatico di finanza pubblica pubblicato dal Mef. Dazi, frammentazione commerciale, e maggiore competizione – Cina su tutte – frenano gli scambi e aumentano l’incertezza, sia delle imprese che dei consumatori. “Le risorse a disposizione delle famiglie si sono accumulate come risparmi. Gli imprenditori posticipano le decisioni di investimento perchè c’è grande incertezza”, ha commentato ieri Giorgetti in conferenza stampa.
Per il presidente degli industriali torinesi, così come per molte imprese, questi 8 miliardi sul triennio sono sicuramente un primo passo. “Dobbiamo rimettere al centro l’industria se vogliamo competere a livello europeo– dice Gay al Foglio –. E ciò ci consentirebbe di svolgere il nostro ruolo in qualità di seconda manifatturiera d’Europa”. Poi continua: “Serve questo affinchè l’Ue possa davvero competere al livello industriale con Cina e Stati Uniti, dove l’innovazione “di prodotto” e “di processo” sono centrali”. Il superammortamento, così come il credito imposta Zes, sono ottimi strumenti. Ma rappresentano quasi l’interità delle risorse per le imprese. Chiaramente, non possono essere il passo finale da qui al 2028, anzi. Dopo questi miliardi il governo dovrà fare un ulteriore sforzo e supportare le aziende che vogliono investire.