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Il colloquio

Giavazzi: “Più concorrenza, non colpire gli extra profitti”

“In Italia si invoca la tassa quando si ha paura del mercato. Ma senza mercato non c’è crescita, e senza crescita non ci sono conti pubblici che tengano”. Parla l'economista ed ex consigliere di Mario Draghi a Palazzo Chigi

Ieri, dopo il varo della manovra, abbiamo sentito Francesco Giavazzi, economista ed ex consigliere di Mario Draghi a Palazzo Chigi. Ha ascoltato i provvedimenti approvati dal governo e, al Foglio, Giavazzi dà un giudizio netto sulla nuova tassa sui profitti delle banche: “Non servirà. Ci avevano già provato due anni fa, e non è andata a buon fine”. “Nel 2023 – ricorda – il governo annunciò un prelievo straordinario sugli extraprofitti bancari, ma dopo le proteste del settore accettò di trasformarlo in un aumento di capitale per le stesse banche. Risultato: istituti più solidi (ma già lo erano) e nessun gettito fiscale. Un esercizio di retorica più che di politica economica”.

 

Neppure il governo Draghi, dice Giavazzi, “riuscì a imporre davvero una tassa sugli extraprofitti, quella volta alle grandi compagnie energetiche: Eni pagò, Enel fece ricorso e il provvedimento fu cancellato”. Per l’economista, “se si pensa che le banche o le grandi aziende facciano troppi profitti, la via maestra non è tassarle, ma aumentare la concorrenza. Con più concorrenza non solo si riducono i profitti delle banche, ma anche il costo dei prestiti alle imprese, e così si aiuta la crescita”. Poi un richiamo alle distorsioni create dallo Stato: “Le garanzie pubbliche sui prestiti erano giustificate durante il Covid, quando salirono dal 6 al 16 per cento del Pil. Ma oggi, a emergenza finita, restano intorno al 13 per cento. E’ anche per questo che i profitti bancari restano così elevati”. Conclusione secca: “In Italia si invoca la tassa quando si ha paura del mercato. Ma senza mercato non c’è crescita, e senza crescita non ci sono conti pubblici che tengano”.